Secondo gli inquirenti si è rivolto agli affiliati del clan camorristico locale per intimorire un collega consigliere comunale con l’obiettivo di non fargli votare il bilancio. E per questo motivo è stato arrestato. Antonio Anastasio, consigliere comunale di Pontecagnano-Faiano, nel Salernitano, deve rispondere di violenza privata e attentato contro i diritti politici del cittadino con le modalità tipiche delle associazioni mafiose. E’ stato fermato mercoledì dai carabinieri nell’ambito dell’inchiesta “Perseo”, iniziata nel dicembre 2015 e condotta dalla compagnia di Battipaglia. Anastasio è stato eletto nella lista di Fratelli d’Italia, ma poi è passato ad una lista di centrosinistra.
Secondo quanto emerso dalle indagini, infatti, il consigliere comunale si era più volte rivolto ad alcuni affiliati del clan camorristico Pecoraro-Renna per far minacciare il consigliere di maggioranza Luigi Bellino (“Moderati – Durantes Vincunt”), per costringerlo a non partecipare a una riunione del consiglio comunale, decisiva per l’approvazione del bilancio, con l’obiettivo di determinare lo scioglimento del Consiglio. Bellino però non si è fatto intimidire e ha denunciato i malviventi.
L’inchiesta ha consentito di scoprire una truffa organizzata da uno degli esponenti del clan Renna-Pecoraro, e i carabinieri hanno arrestato 16 persone tra reggenti, referenti di zona ed affiliati del clan. Avvalendosi della collaborazione di un consulente finanziario ora agli arresti domiciliari, l’affiliato al clan è riuscito ad ottenere l’erogazione di fondi europei per 250mila euro, stanziati dalla regione Campania, per la fittizia realizzazione di un impianto di cogenerazione a biomassa legnosa da parte di una società riconducibile alla moglie. La donna è stata sottoposta a misura interdittiva.
Inoltre, il clan era dedito ad estorsioni e danneggiamenti, compiuti prevalentemente tra il 2015 e il 2016 nei confronti di imprenditori della Piana del Sele che lavorano nel settore finanziario, agricolo, dei trasporti e del noleggio di videogiochi. Spesso il clan Renna-Pecoraro utilizzava modalità violente, tra cui l’uso di mazze ferrate, di ordigni esplosivi artigianali e di bottiglie molotov lanciate contro i veicoli con le vittime a bordo.