Sul blog "Mammedicervellinfuga" i genitori degli expat si raccontano e si confrontano tra loro. L'ideatrice Brunella Rallo: "Ci aggiorniamo su quello che accade nei Paesi dove vivono i nostri figli, abbiamo imparato a viaggiare e a conoscere nuove persone". Valerio, padre di un giovane emigrato a Londra: "Se fossi neolaureato me ne andrei a gambe levate da questo Paese"
Spesso ce ne dimentichiamo, ma per ogni figlio che parte c’è chi rimane. E i genitori come reagiscono a questa separazione? Come ritrovano il loro equilibrio familiare? Brunella Rallo, sociologa e mamma di due cervelli in fuga negli Stati Uniti, di storie come la sua ne aveva ascoltate tante: dalle amiche, dai parenti, dai vicini. “La partenza di un figlio monopolizza gli argomenti di conversazione. In un certo senso sembra di tornare a quando si era neogenitori e tutta l’attenzione era riservata al bambino”, racconta. Pisolini e pannolini vengono sostituiti da fusi orari ed elezioni politiche: “C’è un reale interesse per quello che accade nel Paese in cui vivono i nostri figli che ci porta a tenerci sempre aggiornati”, spiega.
Così si è detta: perché non raccogliere tutte queste esperienze in un blog? Nasce così mammedicervellinfuga: “Ho capito che serviva una comunità in cui i genitori potessero scambiarsi idee, opinioni e stati d’animo”, spiega. E dopo un periodo iniziale di rodaggio, il sito ha raggiunto il suo obiettivo iniziale: “Nei primi mesi gli utenti si limitavano a reagire ai post e a fare qualche piccolo commento – sottolinea -, mentre ultimamente molti di loro propongono argomenti da affrontare e vogliono raccontare in prima persona la loro esperienza”. Mammedicervellinfuga è diventata così una comunità virtuale a tutti gli effetti: “Il nostro blog fa capire alle persone che non sono sole, che ci sono tante famiglie nelle loro stesse condizioni”.
Così tra una “cassetta degli attrezzi” – divertente manuale di sopravvivenza per mamme di expat – e una vignetta, c’è spazio anche per fare amicizia: “Ci chiedono aiuto e collaborazione diretta per organizzare i loro viaggi all’estero – spiega – e alcune madri cercano anche compagne e compagni di viaggio per le trasferte, che siano in Australia o a Francoforte”. La tecnologia è un prezioso alleato, certo, ma a volte non basta. Così le famiglie quando possono prendono un aereo e vanno a trovare i figli: “In fondo tutto questo ha dei lati positivi anche per noi – continua – ci spinge a imparare la lingua del posto, a viaggiare, a conoscere gente nuova”.
Valerio Lombardi, ingegnere e padre di un ragazzo che vive a Londra da cinque anni, ha una visione ancor più pessimista sull’Italia: “Le scelte politiche fatte dal nostro Paese negli ultimi 20 anni continuano a penalizzarci a livello mondiale ed europeo – spiega – oggi per i ragazzi che restano qui è difficilissimo realizzarsi nella loro professione, anche dopo tanti anni di studio”. Per questo quando il figlio ha detto di voler studiare bioingegneria a Londra, lui e sua moglie l’hanno appoggiato al 100%: “In Italia non puntiamo più sull’eccellenza e questo alla fine ha avuto ripercussioni negative anche sull’università – ammette -, quando mio figlio è riuscito a superare la selezione per entrare all’Imperial College sono stato molto orgoglioso e ho anche fatto un sospiro di sollievo”.
La sua rabbia, quindi, è tutta nei confronti di un Paese che non permette ai più bravi di emergere, ma anzi, li costringe ad andare via: “Io per fortuna non ho dovuto vivere la frustrazione di un figlio che lascia l’Italia perché non trova lavoro, ma se oggi fossi un giovane neolaureato me ne andrei a gambe levate”, sottolinea. Per lui diventare padre di un cervello in fuga è stato quasi uno step naturale: “Quando ho capito che a Londra poteva ricevere un’ottima preparazione ho accettato con felicità la sua decisione – spiega – e, anche se siamo lontani, il nostro rapporto si è intensificato, perché abbiamo imparato a sfruttare al meglio il poco tempo a disposizione per parlare”. L’orgoglio per la strada che il figlio si sta costruendo all’estero, poi, spazza via ogni malinconia: “All’inizio andavamo a trovarlo più spesso – conclude – poi ci siamo resi conto che lui sta costruendo la sua vita lì, ed è giusto che sia così”.