Su 75mila liberi professionisti pende la spada di Damocle della legge Katseli, in base alla quale coloro che hanno pendenze con l'erario si vedono tagliare l'assegno previdenziale e l'assistenza sanitaria e rischiano il pignoramento della casa. Moltissimi si sono rivolti ai tribunali, ma anche se il giudice dimezza o dilaziona il loro debito comunque scatta il blocco del reddito
Non bastavano il gennaio nero sul fronte dei dati sull’occupazione e l’ennesima trattativa con i creditori internazionali della troika, che porta in grembo nuove misure lacrime e sangue. Ci si è messa anche una legge che, seppur comprensibile nelle intenzioni, fa molta confusione alla voce welfare e lascia lavoratori senza copertura sanitaria e assegno pensionistico, per una serie di cavilli e procedure burocratiche che da due anni il governo Tsipras non risolve.
Accanto ai “malati” storici della crisi greca, ecco i pensionati dell’ente previdenziale Oaee che rischiano di perdere la pensione, la previdenza e anche la loro assistenza sanitaria per via della legge Katseli (n.4336/2015), una norma che prevede il taglio della pensione per chi ha pendenze con l’erario perché non ha pagato tutte le tasse dovute. Più di 75mila liberi professionisti hanno sulla propria testa questa spada di Damocle: se non onoreranno il debito si vedranno tagliata la pensione e l‘assistenza sanitaria e rischiano il pignoramento della casa. La legge, altamente controversa, sta alimentando il dibattito e le proteste in tutta la Grecia. Moltissimi infatti sono i lavoratori che si sono rivolti alla giustizia contro pronunce che tolgono loro molti diritti, ma la burocrazia e i cavilli della pachidermica giustizia amministrativa ellenica complicano maledettamente anche i casi più elementari.
Per esempio se anche un pensionato ottiene di vedersi cancellare, dimezzare o dilazionare i debiti attraverso una pronuncia del giudice, comunque scatta il blocco del reddito per il lavoratore chiamato in causa, che quindi si vede costretto a sacrificare il diritto alla propria pensione. Per cui si stanno verificando casi limite di chi, già in pensione, rischia di perdere l’assegno che, a seguito dell’interruzione decisa dal giudice, non sarà più in linea con le normali condizioni in cui è maturato (ad esempio gli anni di contributi versati e il netto avuto fino a quel momento sotto forma di assegno mensile).
Inoltre, come previsto dalla legge, i mutuatari che non hanno onorato il proprio debito possono andare in pensione a condizione di rinunciare a parte del trattamento per pagare i debiti. Cosa succede, però, se il giudice riduce la quantificazione del debito da versare e la decisione non è accettata dall’ente previdenziale che eroga l’assegno? Anni di ricorsi in attesa di decisioni, e nel frattempo il pensionato deve arrivare in qualche modo a fine mese. Sin dal 2015 l’ente Oaee ha chiesto al ministero del Lavoro di armonizzare legge e tempi, ma nessuna risposta.
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