A gennaio il tasso di inflazione italiano ha toccato quota 1%, il valore più alto da tre anni e mezzo. Lo ha comunicato l’Istat, che ha rivisto al rialzo le stime preliminari che erano dello 0,9 per cento. Per trovare un dato più alto, spiega l’istituto di statistica, bisogna tornare ad agosto del 2013, quando era stato dell’1,2%. L’indice nazionale dei prezzi al consumo (Nic), al lordo dei tabacchi, mostra segni di accelerazione visto che a dicembre era a +0,5 per cento. Il progresso dei prezzi, comunque, resta inferiore alla media Ue: in gennaio l’Eurostat ha rilevato una crescita dell’1,8% anno su anno per l’Eurozona e dell’1,7% per i paesi dell’Unione. Appare dunque praticamente raggiunto l’obiettivo della Bce – perseguito anche attraverso il programma di acquisto di titoli di Stato lanciato da Mario Draghi nel marzo 2015 – di portare il tasso di inflazione “vicino ma sotto il 2%”.
In rialzo, in Italia, anche il cosiddetto carrello della spesa: per i beni alimentari, per la cura della casa e della persona il rincaro è stato dell’1,9% rispetto a gennaio 2016 (era stato del +0,6% a dicembre) e dell’1,1% sul mese precedente. Aumenti ancora più consistenti per i prezzi dei prodotti ad alta frequenza di acquisto, che salgono del 2,2% su base annua e dello 0,9% in termini congiunturali.
“Il rialzo dell’inflazione è dovuto alle componenti merceologiche i cui prezzi presentano maggiore volatilità”, spiega l’Istat. Si tratta in particolare dei beni energetici non regolamentati (+9,0%, da +2,4% del mese precedente) e degli alimentari non lavorati (+5,3%, era +1,8% a dicembre), cui si aggiunge il ridimensionamento della flessione dei prezzi degli energetici regolamentati (-2,8%, da -5,8%). Tuttavia l’”inflazione di fondo”, al netto degli energetici e alimentari freschi, rallenta, seppur di poco, portandosi a +0,5%, da +0,6% del mese precedente. Su base annua la crescita dei prezzi dei beni accelera in misura significativa (+1,2%, da +0,1% di dicembre) mentre quella dei servizi rallenta (+0,7%, da +0,9% del mese precedente). Di conseguenza, rispetto a dicembre, il differenziale inflazionistico tra servizi e beni torna negativo dopo 46 mesi portandosi a meno 0,5 punti percentuali. L’inflazione acquisita per il 2017 risulta pari a +0,7%.
Nessuna delle grandi città è in deflazione e gli aumenti raggiungono il 2,2% a Trieste e il 2,1% a Bolzano, superando la soglia massima del 2% presa come riferimento dalla Banca Centrale Europea per le sue politiche. Il tasso di inflazione si posiziona sopra la media nazionale dell’1% in dodici capoluoghi di Regione e province autonome sui 19 analizzati dall’Istat: a Trento tocca l’1,5% e a Milano, Napoli e Bari è dell’1,4%. Roma è invece in fondo alla classifica con un tasso dello 0,7%, superiore solo a quello di Bologna (0,6%). Anche tra i comuni con più di 150 mila abitanti che non sono capoluoghi di regione, i prezzi sono in crescita su base annua in tutte le dieci città per cui sono calcolati gli indici generali (erano nove a dicembre): gli aumenti maggiori interessano Livorno (+1,8%, era +1,4% a dicembre) e Padova (+1,5%, da +1,2% del mese precedente). I rincari più contenuti sono a Reggio nell’Emilia e Ravenna (+0,4% per tutte e due).