Alla fine la scissione è arrivata. Come quasi tutto ciò che capita a sinistra in Italia, è stata frutto di un travaglio inaudito e di un masochismo considerevole. E’ poi stata una scissioncina: molti hanno mantenuto la (tardiva) parola data, ma qualcuno no. Qualche considerazione.
1. Secondo larga parte dell’informazione, quelli “strani” sarebbero gli scissionisti e non chi vota un partito teoricamente di centrosinistra ma ormai berlusconiano, vuoto e ciecamente padronale. Un atteggiamento sconcertante. Tenendo però conto che quella stessa informazione tifava contro Brexit, contro Trump e contro il “no” il 4 dicembre, quello che più dovrebbe preoccuparsi è Renzi. Che – puntualmente – non capirà neanche questo segnale.
2. In questi mesi ce l’hanno menata con il “Renzi cambiato”, che a Pontassieve ha ritrovato umiltà (mai avuta) e forma fisica (?). Come no: ha sfanculato la minoranza, ha chiuso ogni spiraglio e ieri se n’è andato in California mentre gli altri si scannavano. Quel che si dice un uomo democratico, che impara dai propri errori (tanti) e fa tesoro dei propri sbagli (tutti).
3. Di Renzi fa ridere tutto, ma quello che fa più ridere è la goffa sicumera con cui si autorecensisce dopo le sfide. Domenica sera è andato da qualche giornalista e gli ha detto: “Visto come sono stato bravo? Ho scoperto il loro bluff, ah ah ah”. E’ comprensibile che, somigliando sempre più a Hyppo Hyppo e vantando un “giromento” prossimo a Jabba The Hutt, tenda a farsi i complimenti da solo: non glieli fa nessuno. Come ha scritto Dagospia, ormai pure la Boschi gli dice che se si presenta così gonfio non lo vota neanche Nardella. Gli siamo vicini nel dolore (a Renzi, ma pure a Nardella. Alla Boschi no). Ciò detto, Renzi continua a dimostrare una spaventosa incapacità di comprendere la situazione circostante: non ne indovina da anni, il partito si sbriciola, i 5 Stelle crescono e Berlusconi è pronto a signoreggiare di nuovo. Eppure lui fa ancora il figo (?) e lo sbruffone. Poveraccio. Aiutatelo.