Il rap in Italia ha faticato ad imporsi, ma alla fine ce l’ha fatta. Non è più solo un genere per “ragazzini”, ora è qualcosa di più. Lo testimoniano le classifiche, le vendite dei dischi e il pubblico che hanno gli artisti. Come ha scritto Fibra “Paola Zukar continua a portare il rap italiano dove prima non aveva accesso”
Quanto è difficile trasformare una passione in una professione? Lo deve aver pensato parecchie volte Paola Zukar. Se il rap negli ultimi anni è diventato un genere di riferimento il merito è anche suo. Affermazione azzardata? No, realtà dei fatti. Dietro al successo di Fabri Fibra, Marraccash e Clementino c’è la sua figura. Un amore per l’hip hop che parte da lontano e nasce in maniera del tutto casuale, in una Genova degli anni ’80. Un video alla televisione di Rapper’s Delight degli Sugarhill e la proiezione di Breakin al cinema cambieranno per sempre la vita di Paola. L’hip hop ha chiamato e lei ha risposto presente.
Il suo libro Rap, Una storia italiana, edito da Baldini&Castoldi è un intreccio di racconti, di esperienze, di aneddoti. Analizza l’ultimo decennio di questo genere in un Paese restio ad accogliere le novità e le avanguardie musicali. La rabbia e la delusione dell’autrice prendono forma nelle pagine del libro. “Il peggiore difetto dell’Italia, per me, è essere un Paese fortemente ipocrita e falso, dove l’apparenza è tutto e la verità è un’altra” scrive.
In un ambiente prevalentemente maschile, Zukar si è imposta e si è ritagliata un ruolo di primo piano. Nel 2006 ha avuto la geniale intuizione di far riaccendere la scintilla del rap italiano proponendo Fabri Fibra alla Universal. Una mossa che si rivelerà presto vincente. Ad oggi nel suo roster, la Big Picture Managment, oltre al rapper di Senigallia ci sono anche Marracash e Clementino. Il suo libro ripercorre le fasi che hanno portato al lancio del rap italiano nel mainstream.
Per affermarsi, questo genere ha dovuto sgomitare e scontrarsi con le logiche di mercato. Successi, sofferenze, delusioni e compromessi. Il rap in Italia ha faticato ad imporsi, ma alla fine ce l’ha fatta. Non è più solo un genere per “ragazzini”, ora è qualcosa di più. Lo testimoniano le classifiche, le vendite dei dischi e il pubblico che hanno questi artisti. Come ha scritto Fibra “Paola Zukar continua a portare il rap italiano dove prima non aveva accesso”.
Tutto questo viene descritto e raccontato nel libro in maniera chiara e critica. Alla sua esperienza professionale si affiancano poi i ricordi della sua adolescenza, il passato da giornalista e gli esordi da manager musicale. Un lungo racconto dove il lettore si immerge in queste atmosfere, rivive alcuni passaggi storici di questo genere e comprende tutte le difficoltà che ha attraversato il rap in Italia. Paola Zukar è riuscita a scrivere in maniera semplice alcuni concetti difficili e delicati.
Uno dei passaggi che più colpisce leggendo il libro lo si trova nei ringraziamenti. “A tutti coloro che sono ancora interessati a leggere una storia“. È una frase simbolica che si carica di significati e si colora di mille sfumature. Come ha detto Marracash “il lavoro di Paola ha colmato una delle lacune più grandi che questa scena ha sempre avuto e tutt’ora ha: l’assenza di management professionali. Non c’è niente di più hip hop che inventarsi una professione e portarla ai massimi livelli. È una vera self-made woman”. Alla fine ce l’ha fatta. Ha trasformato la sua passione in una professione.