Il suo nome era contenuto negli elenchi della loggia massonica P2, trovati a Castiglion Fibocchi. Trentasei anni dopo, però, Luigi Bisignani continua a sostenere di “non essere mai stato massone“. “Non ho mai fatto parte della P2, ero pure troppo giovane, allora c’era il vincolo di età”, ha detto il faccendiere, deponendo come testimone al processo in corso a Palermo sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Bisignani ha ammesso di aver patteggiato al processo sulla P4 ma solo perché aveva bisogno di chiudere la vicenda avendo problemi familiari.
Ex giornalista dell’Ansa, il faccendiere è stato citato come teste davanti alla corte d’assise palermitana per spiegare una telefonata intercettata dalla procura di Napoli nel 2010 col prefetto Giuseppe Pecoraro, per anni braccio destro di Gianni De Gennaro. Nella conversazione Pecoraro parlava di un “casotto al Copasir“, allora presieduto da Massimo D’Alema, e Bisignani rispondeva “ho capito“.
Interrogato dalla pm partenopei, Pecoraro spiegò che si parlava delle dichiarazioni di Massimo Ciancimino sul signor Franco/Carlo, misterioso personaggio mai identificato che avrebbe giocato un ruolo sullo sfondo della Trattativa. Il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo collegò il signor Franco a De Gennaro e per questo motivo è imputato per calunnia in un processo in corso a Caltanissetta. “Pecoraro – ha detto Bisignani – mi chiamava per sapere, vista la mia professione, cosa si diceva nell’ambiente giornalistico”. Il faccendiere ha raccontato di aver saputo delle rivelazioni di Ciancimino dalla stampa e che la conversazione nasceva dal timore di destabilizzazioni. “Allora se ne parlava – ha spiegato – È come se oggi parlassimo dello stadio della Roma”. Ma la risposta non ha convinto il pm Vittorio Teresi che ha fatto notare al testimone come all’epoca dei fatti il caso delle dichiarazioni di Ciancimino non fosse ancora trapelato sulla stampa.