"La consultazione referendaria verrà a costare 13 milioni di euro e 13 milioni di euro è la cifra che si può risparmiare tramite l’abolizione dei vitalizi del consiglio regionale, da qui non si scappa”, dice il capogruppo pentastellato Jacopo Berti. Il governatore Zaia: "Sono d'accordissimo". Ma il presidente del consiglio Ciambetti, leghista, forse preoccupato che l'argomento potesse distrarre il dibattito sull'autonomia, ha dichiarato inammissibile l'ordine del giorno
Nel giorno in cui il consiglio regionale veneto dà il via libera alla possibilità di promuovere in proprio il referendum per l’autonomia, la stessa assemblea perde un’ottima occasione per avviare il processo che abolisce i vitalizi. Infatti, la proposta di un ordine del giorno in tal senso – legata ai costi del referendum – è stata stoppata in maniera quasi ruvida dal presidente Roberto Ciambetti. E il governatore Luca Zaia, pur dicendosi a favore dell‘abolizione del privilegio dei politici, ha di fatto rinviato una presa di posizione ufficiale. Se ne parlerà in commissione.
“Non vogliamo che a finanziare il referendum, diritto sacrosanto dei veneti, siano i veneti stessi. Non può sempre pagare Pantalone” aveva detto il capogruppo dei Movimento 5 Stelle, Jacopo Berti, alla vigilia dell’assemblea di Palazzo Ferro Fini a Venezia che poi, a stragrande maggioranza, ha approvato la legge riguardante il referendum fai-da-te del Veneto, legittimo pur in assenza di un accordo con il governo centrale. Durante la discussione in aula aveva formalizzato la proposta. “Il referendum verrà a costare 13 milioni di euro e 13 milioni di euro è la cifra che si può risparmiare tramite l’abolizione dei vitalizi del consiglio regionale, da qui non si scappa”. La matematica non fa una grinza. Anche l’ordine del giorno di M5S era pronto, con un testo di impegno del presidente della giunta regionale a sollecitare i consiglieri della sua maggioranza per fare sì che tutti i progetti di legge sul tema dei vitalizi depositati in consiglio siano calendarizzati quanto prima. Per essere più convincente e per evitare fraintendimenti sull’adesione convinta dei 5 Stelle al referendum per l’autonomia, Berti aveva aggiunto: “A questo punto appare ovvio che non accedere a questa soluzione sarebbe uno schiaffo ai veneti, che si vedrebbero nuovamente mettere le mani nelle tasche per un loro diritto sacrosanto. È arrivato il momento di eliminare questo odioso privilegio, che ha allargato ulteriormente la frattura tra i cittadini e la vecchia politica ingorda. Siamo certi che questo consiglio non si lascerà scappare questa occasione”.
E invece il consiglio se l’è lasciata scappare. Ci ha pensato il presidente Roberto Ciambetti, leghista, a smorzare ogni velleità, forse preoccupato che l’argomento potesse distrarre il dibattito sull’autonomia: “Documento inammissibile, il presidente della giunta non può influenzare né spingere i lavori dell’aula”, ha letto nell’ordine del giorno, anche se a votarlo era stata la stessa assemblea. Così l’odg non è andato al voto.
A cogliere l’aspetto politico della proposta pentastellata è stato il governatore Luca Zaia, che non poteva smentire completamente il gruppo di minoranza schierato apertamente sulle posizioni pro-referendum. E così ha speso qualche buona parola, ma soltanto per giustificare il non-voto. “Sono d’accordissimo. Io ho presentato una proposta di legge per eliminare i vitalizi”. E ha poi sollecitato la commissione competente ad accelerare i tempi nell’esame delle proposte di legge. Se sono promesse da mercante lo si capirà nei prossimi giorni, intanto è stato deciso di varare un gruppo di lavoro della prima Commissione per esaminare i disegni di legge presentati. In realtà quello di Zaia è statale e quindi chissà se e quando potrà essere approvato, mentre quello dei 5 Stelle è regionale, quindi di immediata agibilità amministrativa, se approvato.
L’adesione del M5S al referendum ha spaccato la minoranza in Veneto. Il Pd ci ha poi pensato da solo a spaccarsi in proprio. Per un pomeriggio i consiglieri Pd hanno sparato bordate contro il referendum che dovrà rispondere alla seguente domanda: “Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”. Ma alla fine, capendo che con un voto contrario si consegnavano al suicidio politico e all’isolamento, hanno optato per l’astensione.
È così finita con 38 voti a favore del referendum (Lista Zaia, Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Siamo Veneto, gruppo di Tosi e Movimento 5 Stelle), 8 astenuti (il Pd più Cristina Guarda della Lista Moretti) e un solo contrario, il democratico Graziano Azzalin, che non ha gradito le indicazioni di voto del suo gruppo. Altri due consiglieri non hanno votato, anche se erano in aula. Si tratta di Piero Ruzzante del Pd e a Patrizia Bartelle dei 5 Stelle.
Ma come verranno spesi i milioni del referendum? Lo ha spiegato il vicepresidente della giunta regionale, Gianluca Forcolin: “Ci siamo basati su un referendum del 2002: 10 milioni 971 mila euro vanno ai Comuni per l’allestimento dei seggi, 573 mila per le schede, 150 mila di convenzione con le prefetture, 88 mila per i trasporti, 166 mila per il sistema informatico, 96 mila per la raccolta dati e 15 mila per la Corte d’Appello”.
*Foto dal sito del consiglio regionale del Veneto