Lo scorso aprile avevano raggiunto un accordo sullo scambio del 3,5% delle rispettive azioni e la cessione a Vivendi di Mediaset Premium. Ora la Procura di Milano indaga il patron Vincent Bolloré e l’amministratore delegato Arnaud De Puyfontaine del gruppo francese per aggiotaggio nella scalata al Biscione. In mezzo dieci mesi che hanno portato alla rottura. Ecco tutte le tappe della vicenda.
26 LUGLIO 2016 – Vivendi comunica di voler rivedere il contratto firmato in aprile per l’acquisto di Mediaset Premium, che prevedeva uno scambio azionario paritetico tra il Biscione e il gruppo media francese del 3,5%, un accordo che preparava una forte alleanza industriale e anche azionaria. La proposta della società transalpina, della quale è primo azionista il gruppo guidato da Bolloré, è ora di rilevare solo il 20% della pay tv e di salire in tre anni al 15% di Mediaset. Almeno da giugno Vivendi aveva fatto capire che non intendeva più onorare il contratto alle condizioni pattuite, ricevendo un sostanziale rifiuto a rivedere gli accordi.
2 AGOSTO – Dopo sette sedute si conclude il trend di forte discesa del titolo Mediaset, che in tutto – dopo aver già perso il 22% nei giorni post Brexit – da quando sono emersi i contrasti con Vivendi ha lasciato sul terreno circa il 20% scendendo ai minimi da quasi due anni. Nei mesi successivi il Biscione vive una fase di attesa e di progressiva debolezza, fino al 28 novembre, quando tocca il minimo da tre anni e mezzo a quota 2,236 euro. Il titolo Vivendi appare sostanzialmente neutro a tutta la vicenda.
Dall’1 al 9 DICEMBRE – Il titolo Mediaset comincia a muoversi in progressivo rialzo: sono probabilmente i giorni nei quali Vivendi concretizza, senza che apparentemente il Biscione se ne accorga, gli acquisti della azioni del gruppo televisivo italiano sul mercato, con il titolo salito del 20% a 2,75 euro.
12 DICEMBRE – Vivendi esce allo scoperto e comunica di aver superato la soglia del 3% del capitale sociale di Mediaset “fino a diventare, ove possibile, il secondo maggiore azionista industriale con una partecipazione che, in un primo tempo, potrebbe rappresentare tra il 10% e il 20% del capitale”. Fininvest definisce la scalata ostile. Il giorno dopo il titolo del Biscione in Piazza Affari decolla, tra continue sospensioni in asta di volatilità e il maggior rialzo dalla quotazione in Borsa: la giornata finisce con un aumento del 31% a 3,58 euro. Fininvest si difende e sale al 39,7% del gruppo televisivo.
14 DICEMBRE – Emerge che la procura di Milano ha aperto un’indagine a carico di ignoti per manipolazione del mercato in seguito a un esposto presentato il giorno prima da Fininvest contro il gruppo francese. L’indagine è affidata dal procuratore Francesco Greco all’aggiunto facente funzione del pool reati finanziari Fabio De Pasquale e coordinata anche dai pm Stefano Civardi e Giordano Baggio. Gli accertamenti verranno svolti dalla Guardia di Finanza. Mediaset e Fininvest nei mesi precedenti avevano avviato cause civili per l’esecuzione del contratto su Premium e per danni, con la prima udienza fissata il 21 marzo prossimo.
21 DICEMBRE – In Borsa si ferma la fase di boom del titolo del Biscione, che arriva a quota 4,56 euro, il massimo da un anno e tre mesi. Nei giorni precedenti erano giunte diverse dichiarazioni del governo critiche sulla scalata francese e una presa di posizione dell’Agcom sul possibile veto a detenere sia la quota di controllo di Telecom (Vivendi ne ha oggi il 23,9%) sia quella di Mediaset nella quale i francesi sono saliti progressivamente (oggi si trova al 28,8% del capitale e al 29,94% in diritti di voto). In totale Mediaset in sette sedute ha guadagnato il 67%.
11 GENNAIO – Il titolo vive una fase di attesa, che prosegue tuttora poco sotto la soglia dei quattro euro, e il mediatore principale per la firma del contratto su Premium, Tarak Ben Ammar, consigliere di amministrazione di Vivendi e di Telecom, viene sentito per cinque ore dai pm titolari dell’inchiesta come persona informata sui fatti. Nella stessa veste viene riascoltato una settimana dopo. La procura si fa consegnare dalla Consob le carte delle audizioni di Mediaset e Vivendi ma è evidente che, se vorrà sentire i vertici del gruppo francese e poterne utilizzare nel caso i verbali, è necessario iscriverli nel registro degli indagati.