Sia Ixé che Swg accreditano la tenuta dei dem. I soggetti a sinistra provocano un'emorragia di consensi più contenuta del previsto: il Campo Progressista di Pisapia sotto il 4%, il partito di D'Alema-Bersani-Speranza il 3,2. Il M5S seconda forza al 27,8%
Il Pd perde tre punti ma al Nazareno si brinda. La scissione dei dem, con i parlamentari che hanno seguito Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema pronti a fondare un nuovo partito, sembra infatti essersi tradotta soltanto in una modesta emorragia in termini di voti. Almeno fino a questo momento. Le cifre ballano da istituto a istituto ma la tendenza è coerente e accredita una flessione di 2-3 punti percentuali al Pd dopo la fuoriuscita dei bersaniani, una sostanziale tenuta del M5S (27,8%), che non paga più di tanto le vicende romane (legate anche alla questione stadio), mentre stabili sono i consensi per le forze del centrodestra. Ixé per Agorà (Raitre) indica una perdita del 2,3% del Partito democratico, che si ferma al 28,1% e riduce ai minimi il vantaggio sul M5s: nell’ultima settimana i pentastellati hanno guadagnato l’0,8% e arriva al 27,8%. La Lega Nord, invece, scende di mezzo punto al 13%, mentre Forza Italia si attesta al 12,9%.
Più dettagliato invece, il sondaggio commessionato dai vertici del Pd all’istituto Swg. In questo caso i dem sarebbero fermi al 28%. La lista Bersani-D’Alema – che in assenza di un nome ufficiale indicata come la “nuova Cosa rossa” – peserebbe il 3,2%, addirittura meno rispetto a Campo Progressista, e cioè il movimento di Giuliano Pisapia, che invece si attesterebbe intorno al 3,9%. Sarebbe un vero e proprio flop, invece, quello di Sinistra Italiana: fondata domenica, si fermerebbe appena all’1,5%. A conti fatti il Pd, per effetto delle scissioni e della concorrenza a sinistra perderebbe al massimo 8 punti percentuali, un danno tutto sommato contenuto, secondo la maggioranza renziana, e in parte recuperabile in caso di alleanze. Nel dettaglio, Swg stima che i voti di questa nuova sinistra arrivino solo per il 2% dal Pd, che infatti li cede, e il resto dall’elettorato M5S. In pratica si tratterebbe di un ritorno di voti “migrati” verso il Movimento di Beppe Grillo che registra il calo di un punto in una settimana: dal 26,2% al 25,3%.
I movimenti a sinistra non incidono in alcun modo sul centrodestra che vede i due partiti di Lega (13%) e Forza Italia (12,8%) fermi sempre intorno allo stesso indice di gradimento. Segue Fratelli d’Italia dato dal 5 al 5,2%. Un dato importante se si vuol mettere a fuoco la possibile coalizione elettorale: l’attuale centrosinistra è al 31,8%, il centrodestra unito vale il 30,9. Se la giocano ai punti ma nessuno vincerebbe. In caso di coalizioni dopo il voto? Secondo gli analisti di Swg nessuna delle combinazioni possibili poterebbe a superare la soglia del 50% e il risultato sarebbe l’ingovernabilità. Per arrivare alla metà dei voti si dovrebbero alleare Forza Italia, Pd, Ncd e pure la sinistra extra Pd. Ma con poche chance di tenere vista l’eterogeneità degli ingredienti. Viceversa, un’eventuale alleanza Lega e M5S, teoricamente parlando, porterebbe al 38% massimo. In pratica, senza un intervento sulla legge elettorale con queste forze in campo l’unico esecutivo possibile sarebbe un governo di minoranza che supplica i voti ad ogni provvedimento che fa. Finché dura.