C’è un problema carburante nel mondo evoluto, ma questo non riguarda in alcun modo il suo consumo di fondo, mai così elevato, bensì la relativa rete di distribuzione: per lo meno nell’universo di influenza anglosassone, Regno Unito e Stati Uniti d’America, secondo quanto illustra il portale della BBC dedicato al panorama automobilistico.
E se è vero che Oltremanica e Oltreoceano la progressiva ma costante riduzione del numero di aree di servizio/rifornimento è ormai un fenomeno che genera considerazioni sul modo in cui cambia la società, è altrettanto innegabile che pure l’Italia, sotto questo punto di vista, non sta messa meglio. Anzi il contrario, poiché la riforma della rete è rimasta in lista d’attesa tra le tante non attuate (la prevede la nuova legge sulla concorrenza, ferma al palo), con il consumo di carburante in contrazione che si scontra con un numero di punti vendita largamente eccessivo, assai poco e sempre meno redditizio. Cui non giova l’ulteriore frammentazione della distribuzione operata dalla crescita dei punti “no logo”, contraddistinti da basso erogato e risultati economici non certo rosei.
Vediamo dunque cosa accade… oltre mare, poiché lo scenario tratteggiato potrebbe in un futuro prossimo riguardare anche il Belpaese. Se negli USA e persino nel Regno Unito la richiesta di carburante è ai massimi, a differenza che da noi, al contrario dunque il numero delle stazioni di servizio è in costante calo, almeno da quindici anni a questa parte. Perché, si domanda BBC? Numerosi fattori vi concorrono. Il primo, in area urbana, è squisitamente immobiliare: lo spazio costa ed è limitato come risorsa, dunque sempre più spazio in precedenza destinato alle aree di servizio viene convertito in terreno edificabile per la costruzione di abitazioni. Addirittura a Londra, per restare in Europa, esistono ormai appena quattro stazioni all’interno dell’area centrale congestionata.
Fuori dai centri, tuttavia, il declino delle stazioni è lo stesso, ed in questo caso è puramente economico; difatti, specie nelle zone rurali o nelle strade a lunga percorrenza, le grandi aree di servizio guadagnano solo per un terzo dalla rivendita diretta di carburante (dati USA), tutto il rimanente essendo legato alle attività correlate che però assicurano margini sempre più stretti o addirittura risicati. Come l’assistenza tecnica e le riparazioni, ormai pressoché scomparse.
Inoltre, nuovi modelli di vendita del carburante sono stati introdotti, tra cui i grandi centri commerciali che per attirare la clientela verso i loro parcheggi, vendono carburante a prezzi volutamente minimi: il cliente deve percorrere parecchia strada extra che vanifica spesso la convenienza, ma facilmente approfitta della situazione per riempire il carrello.
La leva dell’acquisto di “altro” al di fuori del carburante, in effetti, è il modello attualmente vincente nelle grandi aree commerciali che trattano anche benzina e gasolio, il che però sposta il centro economico del “business” esattamente al di fuori del carburante in sé, che diviene un accessorio per attirare la sosta. Questo aspetto dovrebbe accentuarsi ulteriormente, poi, con la diffusione delle auto elettriche, il cui “pieno” alla batteria durerà un po’ di più: occasione supplementare per fermarsi dove si possono fare altre compere interessanti mentre si aspetta.
Quando, infine, vivremo il mondo dei veicoli a guida autonoma, saranno essi stessi a decidere persino quando e dove fermarsi per il rifornimento: nessuno sa con certezza a cosa assomiglieranno a quel punto le stazioni di servizio, dovendo in primo luogo soddisfare le necessità… dei computer che gestiscono i veicoli.