Non si placa la bufera giudiziaria su Marine Le Pen. Uno stretto collaboratore della candidata alle presidenziali francesi del Front National (Fn), è stato incriminato per presunte irregolarità nella campagne elettorali del 2014 e del 2015. Secondo Le Monde e Le Parisien Frédéric Chatillon si occupava della comunicazione del partito. Solo ieri la Le Pen, convocata per una audizione dai giudici dopo il fermo di due collaboratori, aveva deciso di non farsi interrogare dai giudici fino alla fine delle elezioni politiche dell’11 e 18 giugno. La magistratura francese nei giorni scorsi ha aperto un’inchiesta sugli incarichi fittizi degli assistenti parlamentari della leader del Front National a Strasburgo.
Il 22 febbraio sono dunque finiti in stato di fermo Thierry Legier e Catherine Griset, rispettivamente bodyguard e assistente parlamentare di Le Pen. I due sono sospettati di aver lavorato per il partito – e in Francia – e non a Strasburgo, mentre la stessa leader del Front National è accusata di aver aggirato il divieto di assumere propri collaboratori al Parlamento europeo, facendo loro assegnare l’incarico da colleghi. “I francesi sanno fare la vera differenza tra gli scandali reali e i complotti politici“, aveva detto l’aspirante presidente, commentando l’indagine. Due giorni dopo l’accusa di “complotto politico” ai giudici, dunque, ecco la lettera per sottrarsi all’interrogatorio.
Nel frattempo il Parlamento europeo ha chiesto alla Le Pen un totale di quasi 340mila euro che l’europarlamentare ha versato – secondo Strasburgo indebitamente – a Légier nel 2011 e alla Griset dal 2010 al 2016 proprio perché non avrebbero occupato funzioni per cui è motivato l’uso dei fondi pubblici europei. E visto che l’europarlamentare non ha ancora pagato, Bruxelles ha deciso di dimezzare l’indennità della candidata all’Eliseo.
Nel mirino dei giudici francesi anche un altro candidato all’Elise: François Fillon e sua moglie Penelope. Le ipotesi d’accusa – come risultava dall’inchiesta preliminare finora in corso – riguardavano i reati di appropriazione indebita e storno di fondi pubblici. La moglie dell’ex ministro sarebbe stata pagata per 8 anni come assistente parlamentare del marito.