La Grecia è circondata. Da un lato i nuovi pirati 2.0, con caccia e fregate di Ankara che scorrazzano allegramente nell’Egeo, in barba ad accordi internazionali e diritto. Dall’altro la troika che Tsipras aveva promesso di abbattere, e che invece sta imponendo altri tagli e tasse, con sullo sfondo la quarta sforbiciata alle pensioni perché il governo non è riuscito a fare le riforme contenute nel memorandum. Atene, come non mai, deve difendersi su due fronti: quello esterno e quello interno.
Prima di chiederci se l’Ue abbia un futuro o meno, parliamo di leggi e trattati? E’ l’Egeo, quindi l’Europa: ma invece sembra una storia di pirati a paralleli lontanissimi. Non solo venti di guerra, ma un logorio costante che si sta abbattendo sul Mediterraneo orientale. Quotidianamente, in spregio al diritto internazionale e ai trattati, caccia F16 e fregate militari turche, sconfinano in acque e cieli ellenici per il puro gusto di provocare.
Ultima, in ordine di tempo, una motovedetta di Ankara che, nonostante la mancata autorizzazione di Atene, ha svolto un’esercitazione militare a largo dell’isola di Farmakonisi, in acque elleniche. Se fosse accaduto ad un Paese forte come Germania o Usa la reazione sarebbe stata decisa, militare, diplomatica e comunicativa. Ma Atene ha “altri” problemi in questo momento e così il sultano Erdogan prosegue nel farsi beffa del Trattato di Lisbona e del diritto internazionale.
Tra l’altro, dopo essersi regalato un palazzo presidenziale da 1200 stanze, sta per concludere un altro acquisto: missili S-400 da Mosca, che lo renderebbero (ancor di più) una potenza sia verso il fronte orientale (il Medio Oriente), sia verso quello occidentale (Cipro e l’Egeo). Con le mire sul gas di Cipro e le isole greche che, da minacciose, si farebbero tragiche. Ma non se ne può parlare, né tantomeno ci si può indignare perché l’Europa ha altri problemi: l’immigrazione, le quotidiane dichiarazioni di Trump, la pettinatura di Ivanka. Insomma, ciò che resta dell’Ue ha deciso di accelerare i tempi del proprio suicidio, con un doppio colpo al cuore della Grecia: il primo è dando agio a Erdogan. Il secondo è il frutto del combinato disposto fra l’integralismo elettorale di Schaeuble, che ha visto i sondaggi e tenta di correre ai ripari prima di settembre scuotendo il Fmi sul caso ellenico, e la politica di Atene ancora una volta incapace di negoziare al rialzo con la troika e di modernizzare un paese che oggi è allo stremo. Regalare il wifi in aree cittadine o televisori al plasma in nosocomi a cui mancano garze sterili e lenzuola non è una grande idea, come dire no alla privatizzazione di Larco (soggetto energetico). Uno a uno, si direbbe coniando un alfabeto calcistico. Ma le ferite sono molto più profonde.
Si stanno avvitando, tutti. Berlino non ammette che il caso greco è stato gestito in modo volgare e deficitario. Nessun creditore sano di mente avrebbe proseguito in questa terapia dell’ “antidolore” che uccide il paziente greco lentamente provocandogli sofferenze indicibili. Nessun governo sano di mente avrebbe da un lato gridato contro lo straniero, invasore e usurpatore, per poi fare peggio dei predecessori: si legga alla voce terzo memorandum per scoprire che i risultati scritti dalla troika e controfirmati da Tsipras non potranno essere raggiunti. A meno che la matematica da scienza numerica si trasformi in slogan e promesse da Prima Repubblica. Con sullo sfondo il sultano di Ankara che si prepara a banchettare.