Vinci un Oscar e fai quel che ti pare. È il sogno di qualunque regista, meglio ancora se autore-cineasta (il cosiddetto film-maker) il cui apporto ai film non si riduce unicamente alla regia, ma include anche la scrittura e non di rado contributi alla fotografia, al montaggio e a tutti i reparti “tecnici”. La specifica è importante giacché almeno tre sui cinque candidati dall’Academy come migliori registi di quest’anno offrono una vera completezza di sguardo su quest’arte industriale che, non a caso, è l’unica a nascere da un lavoro collettivo. La La Land, Manchester by the Sea e Moonlight sono stati scritti prima ancora che girati rispettivamente da Chazelle, Lonergan e Jenkins, e quindi provengono da una materia profondamente voluta e fatta propria, vuoi che si tratti di materiali originali come i primi due o adattati come nel caso del terzo film. Tutte e tre, inoltre, come pure Denis Villeneuve regista di Arrival, sono alla loro prima candidatura all’Oscar per la regia.
L’unico a distinguersi, e il più “anziano” della cinquina con i suoi 61 anni, è Mel Gibson, già vincitore di due statuette (una come regista l’altra come produttore del miglior film) nell’ormai lontano 1996 con il kolossal Braveheart. Mel, che fra tutti è l’unica star hollywoodiana, porta agli Oscar un film potente e magnifico come Hacksaw Ridge, war drama ambientato durante la II guerra mondiale. Per quanto opera notevole soprattutto dal punto di vista registico, difficilmente porterà a casa il premio per questa categoria, e non solo per il poco amore che Gibson gode presso l’establishment di Hollywood: per intenderci, le sue quote ai bookmaker sono parecchio scoraggianti con un 50/1 secondo l’agenzia di scommesse Bet365.