Nel quadro dell’impegno sociale che ispira questo blog e nell’ambito delle attività filantropiche svolte a favore della comunità ci pregiamo di fornire una sintetica, ma ancora incompleta, lista degli scioperi, delle agitazioni e delle rivolte che dopo le violenze squadriste dei tassinari – avallate in un abbraccio di amorosi sensi dalla stella raggiante capitolina e dal ministro Delrio (le cooperative taxi dovrebbero sdebitarsi con una polizza a testa) – sono in programma per i prossimi giorni. Impavido salirà al cielo il nuovo slogan dell’antagonismo Ce n’est qu’un taxi, continuons le combat (“E’ soltanto un taxi, continuiamo la lotta”).

Innanzitutto titolari e dipendenti delle agenzie di viaggio brutalmente finiti sul lastrico a causa delle varie compagnie aeree low cost e delle piattaforme di prenotazione online da Expedia a Trivago, subdolamente create dal Bilderberg, sfileranno al passo dell’oca sui Fori Imperiali. Molto più estesa la protesta di amanuensi, scrivani e dattilografe contro la deriva neolobeirsta innescata dal rosacrociano Gutenberg e sublimata tragicamente con la diffusione del word processing, che si esibiranno con il saluto romano in Piazza del Campidoglio.

Ma il fronte della rivolta sociale contro il Dio profitto non si limita al proletariato: al canto di Bella Ciao e con i fazzoletti rossi al collo convergeranno su Piazza del Popolo agenti di borsa rovinati dal trading on line; cassieri rottamati dai bancomat; ragionieri esiliati nei call center per colpa dei software di contabilità; geometri, ingegneri, architetti che mantenevano le famiglie disegnando a china su carta traslucida; broker assicurativi devastati da maledetti sfruttatori tipo Facile e Segugio.

E come ignorare il grido di dolore dei librai soccombuti ad Amazon e altri cento siti analoghi. Chi ripagherà loro l’investimento come invocano i tassisti per la licenza (comprata e venduta illegalmente, ovviamente esentasse, secondo i dettami dell’honestà)? Andranno in muto pellegrinaggio a Bari portando cozze pelose al loro beniamino sicuri di trovare udienza e appoggio.

La politica dovrà necessariamente aprire un tavolo con Gentiloni in persona per rimediare alla diffusione di macchine fotografiche digitali, addirittura (e qui siamo nell’ambito del puro sadismo iperliberista) inglobate nei cellulari: la nobile professione dello sviluppatore di rullini romanticamente chino sulle vaschette di acidi in camera oscura non può piegarsi al progresso senza regole.

Gli orfani delle Polaroid e delle Kodak si uniranno alle truppe dei post-telegrafonici, un tempo élite sindacale e inesauribile bacino di voti democristiani, falcidiate dall’ignobile complotto globalista delle email, degli sms e, come se non bastasse, anche di Whatsapp. Le istanze politico-sociali di intere filiere produttive, cabine e segreterie telefoniche, macchine per scrivere e calcolatrici meccaniche, flipper piezoelettrici, ciclostili, giradischi, mangiacassette, walkie talkie, sono forse meno pressanti di quelle dei tassinari? Un lynotipista non ha diritti costituzionali? Un verniciatore di Mirafiori non merita rispetto?

E non sia detto che questi afflati di straordinario valore etico, che solo un viscido reazionario potrebbe bollare come corporativi, riguardino solo le nuove tecnologie: agenti di custodia e secondini falcidiati dalla barbara pratica degli arresti domiciliari, rivenditori di combustibili liquidi e gassosi (struggente l’inno “Carmela è ‘na bombola e fa l’ammore cu mmé”) decimati dalla rete di metanodotti, i barcaroli eliminati dai ponti (non risuonano più le note di “Marietta monta in gondola”), i vigili rottamati dai semafori, i cerusici scalzati dagli antibiotici, gli scalpellini prostrati dal barbaro uso del mattone, i taglialegna e i carbonai azzerati dai termosifoni.

Ma nonostante le variegate esigenze di questi mondi che orgogliosamente lottano contro lo strapotere delle multinazionali, la dittatura del capitalismo, la brutalità della competizione, la crudeltà del mercato, l’ignobile libera scelta del consumatore, l’imperio della scienza, lo sfacelo della tecnica, tutti i loro cortei si concluderanno a Piazza San Giovanni, dove un comico si esibirà nel suo spettacolo sui magnifici orizzonti della rete, della share economy, del progresso che avanza e travolge il Vecchio (tranne Previti e Alemanno, si presume), dei gggiovani che conquisteranno il mondo in diretta streaming.

Il maxischermo irradierà le nuove immagini ipnotiche di Gaia per ricordare a questo indomito popolo l’orgoglio delle sue origini: la gloriosa giornata del 4 ottobre 1895 a Roma. In quella fatidica data circolò sulle strade, che languidamente abbracciano i Colli Fatali, la prima autovettura a motore: una Benz Roger, modello Landaulet. Un salto nel futuro di 25 minuti tra la folla incredula alla velocità media di 20 km all’ora (ancora oggi un record per il traffico romano). I vetturini delle carrozze a cavallo inferociti lanciarono oggetti contro il mezzo assurdamente privo di cavallo e che, per colmo di spregio, non si nutriva di fieno.

Nel 1908, quando il Comune di Roma osò concedere le prime licenze di taxi, 3.000 vetturini scioperarono. Ma quella era ancora un’Italia che sapeva difendere la legalità, un’Italia pre-Patto Gentiloni che spianò la strada al Listone mussoliniano. I vetturini sono scomparsi, i Gentiloni sono tornati.

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