Espulsi "per motivi di sicurezza dello Stato". Uno dei due è intestatario di un utenza telefonica risultata tra i contatti dell’attentatore del mercato di Natale di Berlino. L'altro valutava la possibilità di unirsi all'Isis in Siria. Anche per Amri nel maggio 2015 fu proposta l'espulsione, ma Tunisi non collaborò
Due tunisini sono stati espulsi “per motivi di sicurezza dello Stato”. Uno dei due, 47enne senza fissa dimora, è intestatario di un utenza telefonica risultata presente tra i contatti dell’attentatore del mercato di Natale di Berlino, Anis Amri, nel giugno 2015, quando quest’ultimo era ospite della famiglia di un connazionale, attualmente detenuto nel carcere di Velletri per reati comuni. Salgono così a 147 i soggetti gravitanti in ambienti dell’estremismo religioso espulsi con accompagnamento alla frontiera dal gennaio 2015 ad oggi. Di questi, 15 eseguiti nel 2017.
L’annuncio in una nota del Viminale che spiega come il 47enne tunisino, in seguito alle indagini, “è stato trattenuto nel centro di Caltanissetta in attesa dell’espulsione, avvenuta oggi dalla frontiera marittima di Palermo, con una nave destinazione Tunisi“. L’altro espulso, 34 anni, è stato segnalato dai servizi di intelligence “nell’ambito del monitoraggio della comunità islamica della provincia di Perugia“. Il tunisino faceva parte di un gruppo di spacciatori suoi connazionali, legati a un altro tunisino “già espulso il 14 maggio 2015”. Dalle indagini svolte è emerso inoltre che l’uomo espulso oggi, “oltre ad aver evidenziato le sue simpatie per l’Isis, durante la sua pregressa permanenza a Lucca, non avrebbe escluso la possibilità di recarsi in Siria“. “Rintracciato a Palermo lo scorso 14 febbraio e risultato irregolare sul territorio nazionale”, spiega il Viminale, è stato trattenuto anche lui nel centro di Caltanissetta e poi rimpatriato con un volo diretto a Tunisi.
Anche per Amri nel maggio 2015 fu proposta l’espulsione. Venne inviato proprio al Cie di Caltanissetta, ma il suo Paese non lo riconobbe come suo cittadino: un caso di mancata cooperazione che bloccò di fatto il procedimento. Amri arrivò sulle coste dell’Italia nel febbraio 2011, in piena primavera araba. Dopo alcune settimane a Lampedusa il giovane venne spedito a Belpasso, in provincia di Catania, in un centro di accoglienza per minori. Una situazione che durò solo qualche mese: Amri, infatti, venne arrestato insieme ad altri quattro tunisini per aver picchiato il custode del centro e poi dato fuoco ai materassi delle stanze. Fu condannato a 4 anni di detenzione. Quando venne scarcerato, per lui fu proposta l’espulsione. Ma, visto l’ostruzionismo di Tunisi, la prefettura nissena poté solo intimargli di lasciare l’Italia, inserendo tutte le informazioni sul suo conto nella banca dati Sis, il sistema di informazione Schengen. Amri rimase nel nostro Paese fino alla fine di giugno del 2015: poi la partenza per la Germania.