"L'eutanasia è una questione che tutte le nazioni civili devono affrontare, con la quale prima o poi ogni paese deve fare i conti e anche il nostro Parlamento deve dare delle risposte" dice l'uomo che ha condotto una lunga battaglia perché potesse essere rispettata la volontà della figlia Eluana
“L’eutanasia è una questione che tutte le nazioni civili devono affrontare, con la quale prima o poi ogni paese deve fare i conti e anche il nostro Parlamento deve dare delle risposte”. Lo ha detto Beppino Englaro, rispondendo all’Ansa sulla vicenda del dj Fabo, dopo però aver voluto sottolineare che la battaglia portata avanti per la figlia Eluana non era stata per l’eutanasia, ma per il diritto all’autodeterminazione anche per chi non è più in grado di esprimere la sua volontà.
Eluana rimase in stato vegetale per quasi 17 anni prima che i giudici riconoscessero che anche per lei esisteva il diritto di rifiutare le cure, di lasciarsi morire, considerando quella in cui si trovava una situazione di non vita. “Conosco la storia del dj Fabo anche se non ho avuto modo di occuparmene direttamente – spiega Englaro -. So che ha espresso in modo chiaro ed evidente il suo desiderio di morire, ma in Italia, l’eutanasia è ancora un reato, non siamo ancora venuti a capo di tanti diritti fondamentali che riguardano la persona”. “Ma eutanasia e autodeterminazione terapeutica sono due principi differenti”, ha detto ancora Englaro, la cui figlia nel 1992, poco più che 21/enne, rimase gravemente ferita in un incidente stradale nel lecchese. Il suo quadro clinico fu subito chiarissimo: lesioni cerebrali irreversibili. Da allora cominciò la battaglia del padre e della madre perché venisse rispettata la volontà di Eluana, che in più occasioni aveva detto che mai lei avrebbe voluto vivere in quelle condizioni.
Una battaglia civile e morale che culminò nella sentenza della Cassazione nel 2007. Un anno e mezzo dopo, nel febbraio 2009, Eluana venne trasferita da Lecco in una clinica di Udine, dove venne attuato il protocollo terapeutico per ‘liberare’, come ha sempre sostenuto il padre, la giovane donna ‘dalla condizione in cui l’avevano messa i medici difendendosi che così l’avevano salvata dalla morte’. “Quando cominciai quella battaglia, 25 anni fa, c’era il deserto culturale su questo argomento, mi guardavano, ascoltavano come se fossi un pazzo – ricorda Englaro – Ora la situazione è cambiata come dalla notte al giorno, la gente ha molta più sensibilità su temi come l’eutanasia, l’autodeterminazione, il testamento biologico, i cittadini sono avanti, ma sono le istituzioni, è la legge, che tardano a dare risposte e si arriva a decisioni come quella del dj Fabo”.