“Vengo dal sud. Noi nasciamo e cresciamo con la certezza che da grandi dovremo lasciare tutto e andarcene. Ne hai la prova quando, a Natale e ad agosto, la mia cittadina si riempie di facce giovani accomunate dallo stesso destino”. Il sud di Pierfelice Ciancia, 30 anni, si identifica con Castrovillari, paese calabro adagiato nell’avvallamento naturale che ha preso il nome di Conca del Re, circondato dall’Appennino calabro-lucano e centro più grande del Parco nazionale del Pollino. “Torno qui due o tre volte l’anno. Mi manca l’odore del mare e delle pinete. Mi manca mangiare pesce fresco un giorno e carne coi funghi quello dopo”. Eppure, i suoi genitori lo hanno sempre spinto a spostarmi, “consapevoli della situazione dalle nostre parti”. “Tutti dovrebbero fare almeno un’esperienza all’estero. Fortunato, poi, chi riesce a tornare e a trovare la giusta dimensione a casa propria”. Eppure, non è stato questo il destino dell’ingegnere di Castrovillari.
Da un anno e mezzo quel che vede fuori dalla finestra non sono le vette del Monte Pollino. Ora quando esce di casa attraversa “la bellezza unica” protetta dall’Unesco del centro storico di Berna. Si è trasferito nella capitale svizzera come consulente di Systems Engineering, principalmente nel campo dei dispositivi medici, ed è arrivato lì grazie alla Swiss Society of Systems Engineering. Valigie preparate in tempi stretti, perché tutto è accaduto in una manciata di giorni: l’invio della tesi di Master all’edizione 2015 del premio della Systems Engineering di Zurigo, la vittoria del premio, una mail col curriculum alle aziende sponsor. “Tre giorni dopo l’invio del cv, ho fatto il primo colloquio su Skype. Tempo una settimana e sono partito per Berna per un secondo colloquio. Ovviamente, tutto a loro spese. Poi è arrivata una proposta di lavoro. L’ho accettata senza pensarci un secondo”.
“Torno a casa due o tre volte l’anno. Mi manca l’odore del mare e delle pinete”
Per ogni decisione che prende, l’esclamazione fiera e di routine di sua madre: “Ci fosse una volta che scegli qualcosa di facile”. Eppure Pierfelice ha provato a restarci a vivere in Italia, se non fosse che nel suo Paese a un’ottima preparazione accademica non è seguita la realizzazione del sogno lavorativo. “I tre titoli in ingegneria mi avevano aiutato a trovare un contratto a tempo indeterminato, eppure sono uno dei tanti che ha scelto di andare all’estero dopo aver constatato che ci sono Paesi che offrono condizioni di gran lunga migliori in termini di qualità della vita, condizioni lavorative, equilibrio tra vita privata e ufficio”.
Ecco quindi concretizzarsi all’estero un percorso tutto italiano, partito con una Laurea triennale e una specialistica in Ingegneria elettronica all’Università della Calabria. “Gli ultimi anni universitari sono stati caratterizzati da molto fermento. Ero impaziente di uscire dal libro paga dei miei genitori quindi ho iniziato a lavorare la sera come barman. Un’esperienza che mi porto sempre dentro perché mi ha insegnato a relazionarmi a persone tra loro molto diverse”. Dopo la specialistica, un primo soggiorno di un anno a Monaco per un tirocinio all’Ufficio europeo dei brevetti, per poi tornare in patria – sempre dal lato formazione – per frequentare un Master di II livello all’Università Tor Vergata di Roma. “Ho fatto tutti i miei studi in Italia ma per ricevere fiducia ed essere valorizzato sono dovuto andare all’estero”.
“Ogni persona che lascia l’Italia è una persona in meno che potrebbe contribuire allo sviluppo del Paese”
Il discrimine che l’ha portato ad andare lontano non è stato quel che non ha trovato in Italia, dove comunque ha ricevuto buone offerte di lavoro. Il quid è stato, invece, quel che ha trovato all’estero. Miglioramenti che non si riducono solo ad una misurazione del conto in banca (anche se gli stipendi, in Svizzera, “sono fino a cinque volte quelli italiani, a fronte di un costo della vita doppio rispetto all’Italia”), ma coinvolgono i servizi che la Svizzera offre, oltre ad una quotidianità immersa in un ambiente multiculturale che lo costringe a parlare fino a quattro lingue al giorno. “Ogni persona che lascia l’Italia è una persona in meno che potrebbe contribuire allo sviluppo del Paese”. Eppure, non è un caso che “le persone a più alta formazione ed apertura mentale siano le prime a lasciare tutto e partire”.
Quando racconta la sua storia in Svizzera, “dove mediamente nascono, crescono e lavorano intorno allo stesso posto e vicino a famiglia e amici”, i suoi colleghi si commuovono. “Da noi non ci sono opportunità. Nel migliore dei casi ci trasferiamo in città come Napoli, Roma, Bologna, Milano”. E siccome spostarsi al nord Italia o andare all’estero ha quasi lo stesso peso, ecco quindi la spinta ad andare Oltralpe. “Dalla Svizzera al paese calabrese dove vivono i miei genitori ci impiego sei ore. Più o meno lo stesso tempo che ci metterei da Roma in autobus”. Nonostante una nuova vita appena cominciata all’estero, se avesse un figlio Pierfelice non esclude la possibilità di fargli fare le scuole proprio in Italia. “Potrebbe essere una buona scelta perché conosco la dedizione e la preparazione del personale docente italiano che ovviamente, specie al Sud, deve costantemente fare i conti con scarsità di fondi e di infrastrutture. Vado fiero della mia formazione 100% italiana”. Che in poco tempo gli ha permesso di scegliere di vivere lontano dal suo paese.