Fuoco e fiamme anti-Trump spenti in un amen
Fosse per le battute da oratorio di Jimmy Kimmel continuavamo a dormire per l’intera Notte degli Oscar. Catatonico e soporifero, l’entertainer sciorina freddure alla Gino Bramieri su The Donald dallo spessore di una sottiletta: “Ringraziamo Trump perché ricordate che dovevano essere gli Oscar ad essere razzisti. Ora non è più così. Qui ci sono neri che salvano la Nasa e bianchi che salvano il jazz”. Ci prova poco dopo Gael Garcia Bernal con gli occhialoni da miope mentre premia il miglior film d’animazione (Zootropolis): “Io sono contro ogni muro che voglia separarci”. E si alzano ad applaudire in tre. Nemmeno il discorso di ringraziamento di Asghar Farhadi, regista del film iraniano che vince l’Oscar come Miglior Film Straniero, Il Cliente, che è stato tenuto lontano dagli Usa per il “muslim ban” ha provocato commosse standing ovation. “Mi spiace non essere con voi, ma la mia assenza è per il rispetto dei miei concittadini e di quelle delle altre sei nazioni che hanno subito le conseguenze di una legge disumana che divide il mondo tra noi e gli altri (i nemici), crea paure che a loro volta giustificano le guerre e tradiscono la democrazia.
Il cinema può usare cinepresa per combattere questi stereotipi tra religioni e creare empatia”. Ma la platea, compresa Meryl Streep, ha chiuso la pratica in sei secondi netti. Poi ecco i messaggini di Kimmel su Twitter proprio per titillare mister president: “Donald sei sveglio?”, “Meryl ti saluta”. Ma nulla, la protesta delle star non monta e si smonta tra frizzi, lazzi e l’imperdonabile, storico errore della busta sbagliata con il titolo del Miglior Film. Il guizzo del vecchio leone liberal Warren Beatty, quando ha detto che “il cinema non solo ci intrattiene, ma ci mostra la diversità crescente della nostra comunità e il rispetto per libertà in tutto il mondo”, è stato come una barchetta di carta nelle cascate del Niagara. Al prossimo anno. Tanto Trump ne rimane altri quattro.