I reati ipotizzati dalla procura salentina sono falso, abuso d’ufficio, omissione di atti d’ufficio e invasione di edifici. 46 le persone sotto inchiesta, tra loro - oltre all'attuale primo cittadino e all'ex ministro del governo Berlusconi - anche due assessori comunali, i due ultimi segretari di palazzo di città. Secondo l'accusa, gli indagati avrebbero agevolato determinati inquilini a colpi di sanatorie di occupazioni abusive, semplici delibere, passaggi indebiti dalle case parcheggio agli alloggi. Tra questi ci sono anche persone ritenute vicine ai clan della Scu
Nel bel mezzo della campagna elettorale per le amministrative, a Lecce deflagra la bomba alloggi popolari. Emergono nomi eccellenti dal vaso di Pandora della lunga inchiesta che tiene col fiato sospeso la politica cittadina. Il punto di partenza degli inquirenti è noto: presunti favori nell’assegnazione delle case in cambio di sostegno alle elezioni del 2012 e anche prima.
Nel registro degli indagati finisce, ora, l’attuale sindaco Paolo Perrone, che ha annunciato che tornerà a correre in prima persona a sostegno del candidato del centrodestra Mauro Giliberti. Poi, ci sono l’ex primo cittadino Adriana Poli Bortone e il deputato fittiano Roberto Marti, già assessore alla Casa del Comune di Lecce. Si aggiungono gli attuali assessori alle Politiche giovanili e al Welfare, Damiano D’Autilia e Nunzia Brandi; i due ultimi segretari comunali Domenico Maresca e Vincenzo Specchia; il capo di Gabinetto Maria Luisa De Salvo; i dirigenti Luigi Maniglio, Nicola Elia e Raffaele Attisani; l’ex consigliere regionale di Azzurro Popolare Aldo Aloisi. I reati ipotizzati sono quelli di falso, abuso d’ufficio, omissione di atti d’ufficio e invasione di edifici.
Sono 46 in totale i nomi che emergono dalla richiesta di proroga delle indagini preliminari notificata nella giornata di ieri dai militari del Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza. Nell’atto presentato al gip Giovanni Gallo e a firma dei pm Roberta Licci e Massimiliano Carducci, compaiono anche altri dipendenti comunali e molti residenti delle case popolari della zona 167. Intere palazzine di via Potenza, via Pistoia, Piazzale Cuneo e Piazzale Genova sarebbero state assegnate con criteri poco trasparenti, tra il 2006 e il 2016. Per almeno 28 appartamenti, cioè, si sospettano attribuzioni senza requisiti, a colpi di sanatorie di occupazioni abusive, semplici delibere, passaggi indebiti dalle case parcheggio agli alloggi. Il tutto con la presunta influenza degli amministratori e commistione dei dipendenti di Palazzo Carafa, per agevolare precisi gruppi di inquilini. Tra questi ci sono anche persone ritenute vicine ai clan della Scu.
La contiguità con ambienti della criminalità organizzata in questo settore è stata uno dei terreni su cui ha vigilato anche la commissione parlamentare antimafia, durante la sua visita a Lecce un anno fa. Ed è uno dei temi che ha visto impegnato il prefetto Claudio Palomba in prima persona, con la sorveglianza esterna del Settore casa del Comune. Le faglie di questo terremoto giudiziario vengono da lontano, dagli esposti che avvelenarono la precedente campagna elettorale per le amministrative. Due anni fa, si sentirono le prime scosse, quando vennero notificati i primi quattro avvisi di garanzia a due assessori della giunta Perrone, attualmente ancora in carica, Attilio Monosi e Luca Pasqualini, oltre che ad un consigliere comunale Pd e a un dirigente comunale. L’accusa, allora, fu di aver messo in piedi una vera e propria associazione a delinquere bipartisan, ritenuta la regia di “gravi e plurimi favoritismi” negli iter burocratici relativi all’assegnazione delle case popolari, “con grave evidente danno dei legittimi aspiranti all’assegnazione”. Stando ad una indagine di Nomisma Federcasa, Lecce resta, probabilmente non a caso, la capitale d’Italia delle occupazioni abusive, con la percentuale più alta in relazione al numero di abitanti: a vivere nelle case popolari senza requisiti è un inquilino su tre.