I giudici del Riesame hanno affidato alla Procura il compito di "accertare la titolarità di quanto sequestrato" non avendo loro "poteri istruttori". E per tanto il pm, che si è opposto alla decisione, sta cercando di sbrogliare l’intricata matassa. Ci vorranno settimane prima che riesca a individuare e esattamente chi abbia il diritto a vedersi restituire gli ovuli fecondati
A nove mesi dal suo arresto il caso del ginecologo Severino Antinori, a processo con l’accusa di aver espiantato con la violenza otto ovuli a una cittadina spagnola, continua a riservare colpi di scena. Dopo la decisione del gip di non archiviare la posizione della donna, una infermiera querelata per calunnia dal medico, c’è da trovare i legittimi proprietari di poco meno di 500 gli embrioni, un tempo custoditi alla Clinica Matris di Milano. Gli embrioni sono ora in attesa di essere restituiti a futuri mamme e papà e cioè a quelle coppie che si erano rivolte alla struttura di via Gracchi, ora chiusa, per avere un figlio. Coppie che, nel corso dell’inchiesta, si sono viste sequestrare il materiale biologico congelato, in particolare gli ovociti fecondati e pronti per il cosiddetto transfert. E che ora, dopo un’attenta ricostruzione della Procura, che dovrà stabilire se ne hanno o meno il diritto, dovrebbero rientrare in possesso di quelle preziosissime provette necessarie per avere il bimbo tanto desiderato.
La restituzione, immediatamente esecutiva, è stata disposta dal Tribunale del Riesame la scorsa settimana con un provvedimento con cui ha dissequestrato tutto il materiale biologico, ora congelato in appositi locali della Mangiagalli, e di cui Antinori risulta essere stato mero depositario e non proprietario. Provvedimento contro il quale la Procura di Milano ha depositato un ricorso per Cassazione per carenza di motivazioni: i giudici, sostiene il pm Maura Ripamonti, titolare dell’inchiesta per cui Antinori è già sotto processo davanti all’ottava sezione penale, avrebbero omesso di esaminare il compendio probatorio agli atti del fascicolo.
Con la loro decisione i giudici del Riesame hanno anche affidato alla Procura il compito di “accertare la titolarità di quanto sequestrato” non avendo loro “poteri istruttori”. E per tanto il pm, nonostante la sua impugnazione, sta cercando di sbrogliare l’intricata matassa. Ci vorranno settimane prima che riesca a individuare e esattamente chi abbia il diritto a vedersi restituire gli ovuli fecondati, soprattutto per le difficoltà da risolvere laddove la fecondazione sarebbe avvenuta, come ipotizza una seconda indagine in via di chiusura a carico del ginecologo e che riguarda una presunta compravendita di ovociti nel suo quartier generale milanese, tramite il reperimento degli ovuli dietro il presunto pagamento di tariffe ben precise in Spagna o dietro compenso di qualche ragazza in Italia. Accusa, questa che, il ginecologo ha sempre respinto affermando di non aver mai acquistato ovociti ma che semmai questi sono sempre stati frutto di donazioni e di aver solo rimborsato le spese di soggiorno a Milano alle donne.
Dunque la restituzione a madri e padri legittimi si sta rivelando complicata sia per mancanza di una normativa specifica sia per via di quelle coppie che si sono sottoposte alla procedura medica, per il pm al di fuori delle maglie della legge, in quanto sarebbero state destinatarie di embrioni frutto non di un atto di generosità bensì di una compravendita. Nel corso delle indagini erano stati sequestrati circa 600 embrioni, ma una parte sono stati già resi alle coppie che ne avevano fatto richiesta e che erano risultate le legittime proprietarie.