Il candidato dei Repubblicani alle presidenziali sarà interrogato dai pm il 15 marzo prossimo nell'ambito dell'inchiesta sui presunti incarichi fittizi a moglie e figli. Dopo la diffusione della notizia ha annullato gli appuntamenti e convocato d'urgenza una conferenza stampa per ribadire che non intende fare passi indietro. Ha quindi attaccato la magistratura: "Gli racconterò la mia verità, che è la verità". Si ritira uno degli esponenti del partito Bruno Le Maire: "Credo al rispetto della parola data". I centristi dell'Udi ritirano sostegno
Avanti nonostante tutto e anzi all’attacco contro i magistrati. Dopo la notizia della convocazione davanti ai pm per essere interrogato il 15 marzo, il candidato alle presidenziali dei Repubblicani François Fillon è sopravvissuto all’ennesima giornata campale, ma non senza perdite sul campo: Bruno Le Maire, ex sfidante alle primarie e tra i principali esponenti del partito, ha fatto un passo indietro perché “la parola data va rispettata”; inoltre il partito dei centristi dell’Udi, storico alleato, ha annunciato che ritira il suo sostegno al repubblicano. Quando ormai sembrava che la corsa di Fillon stesse rientrando in un clima di quasi normalità, è arrivata la convocazione davanti ai pm che ha rifatto piombare il gruppo nel caos: in mattinata infatti la stampa ha dato la notizia che il candidato sarà sentito dai giudici nell’ambito dell’inchiesta sui presunti impieghi fittizi della moglie Penelope e di due dei suoi figli il 15 marzo prossimo (tre giorni prima del termine ultimo per le candidature alle presidenziali).
Fillon, dopo aver annullato la sua visita al Salone dell’agricoltura (poi recuperata a fine pomeriggio), ha convocato una conferenza stampa per mezzogiorno nel suo quartier generale e ha ribadito che intende andare avanti fino in fondo. “L’indagine è un omicidio politico”, ha detto. “Lo stato di diritto viene sistematicamente violato, la presunzione di innocenza è completamente scomparsa”. Il leader ha definito la scelta dei pm come “interamente calcolata” per “impedirmi di essere candidato”. “Con questa scelta di calendario si assassina non solo me ma l’intera elezione presidenziale”. Quanto alla convocazione, “ci andrò”, ha ribadito. “Gli dirò la mia verità, che è la verità”. Anche la moglie sarà sentita, ma non si sa ancora la data. Per lei in un primo momento il sito Mediapart aveva parlato di fermo, ma la notizia è stata poi smentita.
Fillon ha quindi rivolto un appello direttamente al popolo francese, chiedendogli di resistere: “Al di là della procedura giudiziaria, è al popolo francese, e unicamente ad esso, che ora mi rivolgo. A chi mi segue, a chi mi combatte, perché solo il suffragio universale e non una procedura mirata può decidere chi sarà il prossimo presidente della Repubblica”. Poi, l’affondo finale: “Non cederò, non mi arrenderò, non mi ritirerò, andrò fino in fondo perché al di là della mia persona oggi è sfidata la democrazia. Vi chiedo di seguirmi, non si tratta di me, dei miei diritti o della presunzione di innocenza, ma di voi, la cui volontà sovrana non può essere annullata, annichilita, distrutta. Sarò all’appuntamento, l’appuntamento della democrazia”, che è “l’unica” chiamata a decidere.
Au siège de campagne, on tente, en vain, de remettre au mur la photo du candidat qui vient de tomber. “Ça ne sert à rien, arrêtez” pic.twitter.com/B07dYPYBrW
— Jean-Baptiste Garat (@Figarat) March 1, 2017
Le ipotesi d’accusa per Fillon – come risultava dall’inchiesta preliminare finora in corso – riguardavano i reati di appropriazione indebita e storno di fondi pubblici. A complicare il quadro, scrive Le Figaro, si aggiungono le dimissioni del direttore della sua campagna elettorale, Patrick Stefanini, anche se non sono state ancora accettate dal candidato. Chi invece ha già ufficializzato il passo indietro è Bruno Le Maire. In una nota diffusa nel primo pomeriggio ha dichiarato: “Fillon ha affermato questa mattina che sarà convocato il 15 marzo dai giudici per essere posto sotto esame. Il 26 gennaio scorso, Fillon dichiarava ai francesi che davanti a una tale eventualità, avrebbe ritirato la sua candidatura alla presidenza della Repubblica francese. Credo al rispetto della parola data. E’ indispensabile alla credibilità della politica. E’ la condizione necessaria per condurre serenamente gli sforzi di risanamento della Francia”. Di qui, “in linea con i miei principi mi dimetto dalle mie funzioni di rappresentante per gli affari europei e internazionali della campagna di Fillon. Continuo la lotta politica al servizio della Francia e dei francesi”.
La linea di resistenza di Fillon è stata accolta tra i malumori e dopo una mattinata di discussioni. Il candidato ha parlato con i principali esponenti dei Républicains, tra cui Alain Juppé, il secondo classificato alle primarie della Destra di novembre, e Nicolas Sarkozy. Juppé, che molti indicavano come potenziale piano ‘B’ nel caso di un ritiro di Fillon dalla corsa all’Eliseo, ha confermato il colloquio, ma ha detto che “in questo momento della giornata” non intende esprimersi. Fino a questo momento ha sempre smentito ogni ipotesi di correre al posto del candidato in pectore. Convocati questa mattina nel quartier generale di Fillon anche diversi esponenti del partito come Xavier Bertrand, Valérie Pécresse, Gérard Larcher. Secondo Nathalie Schuck, giornalista del Parisien, al centro delle discussioni la domanda: “Che facciamo? Ritiro o no?”. Nelle scorse settimane il leader della destra, si era scusato per avere assunto i famigliari in parlamento, compresi i due figli, remunerati – secondo quanto ha scritto Le Canard Enchainé – per 84mila euro. “Ho sbagliato ad assumere mia moglie ma non ho commesso nessuna illegalità – aveva detto -. Intendo resistere, non ho nulla da nascondere”.
Le parole di Fillon contro i magistrati hanno provocato grande indignazione tra i suoi avversari. Sul tema si è espresso anche il presidente francese, François Hollande, che ha difeso il sistema giudiziario dalle accuse di parzialità avanzate dal candidato conservatore alle presidenziali François Fillon. “Essere un candidato alle presidenziali non autorizza ad avanzare sospetti sul lavoro di polizia e giudici…o a fare accuse estremamente serie al sistema giudiziario e alle nostre istituzioni in senso più ampio”, ha detto Hollande. “Come garante dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria voglio esprimermi contro ogni messa in dubbio dei giudici”.
La resistenza di Fillon “nonostante tutto”, sta però danneggiando i Repubblicani nei sondaggi: Fillon che fino a prima di Natale era dato tra i favoriti per arrivare al secondo turno, ora rischia seriamente di essere battuto del centrista Emmanuel Macron. Secondo l’ultima rilevazione di Opinionway, quest’ultimo batterebbe la leader di estrema destra Marine Le Pen al secondo turno delle elezioni presidenziali francesi con il 63% dei voti contro il 37% della leader del Front national. Stando alla rilevazione, Le Pen vincerebbe il primo turno al 25%, in calo di un punto rispetto a ieri, seguita da Macron al 24% (il cui risultato resta invariato) e dal conservatore François Fillon al 21% (anche questo invariato), con il socialista Benoit Hamon al 16%. Al secondo turno, Macron vincerebbe con il 63%, contro il 37% di Le Pen; nell’ipotesi in cui, invece, fosse Fillon a passare al secondo turno, batterebbe Le Pen con il 60% dei voti contro il 40% della leader del Front national.