Febbraio è il mese del più celebrato dei vitigni toscani. Tra anteprime, manifestazioni, degustazioni e alcolismi domestici finisco sempre seppellito da ettolitri di rossi a base sangiovese. Ci sono pene peggiori ne sono consapevole, anche se sedersi alle 10 di mattina di fronte a un centinaio di Brunello di Montalcino e alzarsi 8 ore dopo con il volto di Jack La Motta può non essere l’affare del secolo.
L’universo è vasto e non sempre digeribile, ma ancora una volta a vincere sono la vivacità e il trasformismo del vitigno, la sua capacità di essere gentile o selvaggio, nervoso o corpulento, da battaglia o da invecchiamento. Prendiamo tre modelli antitetici, quanto deliziosi, per motivi estremamente diversi.