I pubblici ministeri Luca Turco e Giuseppina Mione lo scorso 12 gennaio, dopo una requisitoria andata avanti per cinque udienze, avevano chiesto per il senatore di Ala, imputato tra l’altro per bancarotta e truffa ai danni dello Stato, la condanna a 11 anni
Il Tribunale di Firenze ha condannato Denis Verdini a 9 anni nell’ambito del processo per il crac del Credito cooperativo fiorentino. La pena, 7 anni per la bancarotta e 2 per la truffa, è stata decisa dal collegio presieduto dal giudice Mario Profeta. I giudici che, non hanno riconosciuto l’associazione a delinquere assolvendo tutti per questo reato, hanno inflitto cinque anni e sei mesi ciascuno agli imprenditori Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei. Condannato anche il deputato di Ala Massimo Parisi. Il Tribunale ha disposto l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per Verdini, Fusi e Bartolomei. All’ex direttore generale del Ccf Piero Italo Biagini, sono stati inflitti sei anni Condannati a pene che vanno da 4 anni e sei mesi a 5 anni di reclusione anche i componenti del consiglio di amministrazione dell’istituto e tutti i componenti del collegio sindacale. Pene da un anno e sei mesi e 4 anni e mezzo anche per gli amministratori della Ste, la società che pubblicava il Giornale della Toscana, e della Sette Mari che mandava nelle edicole il settimanale Metropolis. Il collegio ha invece assolto alcuni imprenditori che avevano ottenuto finanziamenti dal Ccf, “perché il fatto non sussiste”, mentre per tutti i reati di truffa ai danni dello Stato per i contributi all’editoria legati agli anni 2005, 2006 e 2007, è scattata la prescrizione. I pubblici ministeri Luca Turco e Giuseppina Mione lo scorso 12 gennaio, dopo una requisitoria andata avanti per cinque udienze, avevano chiesto per il senatore di Ala, imputato tra l’altro per bancarotta e truffa ai danni dello Stato, la condanna a 11 anni.
“Non è finita, rispettiamo la sentenza ma siamo pronti a combattere e attendiamo le motivazioni per andare in appello” dice Ester Molinaro, legale di Verdini. “Per ora commentando la condanna abbiamo dimostrato che non esiste alcuna associazione tra Verdini e i suoi presunti sodali, in appello dimostreremo che non sussistono neppure le altre accuse”. “Ci aspettavamo ben altra sentenza considerando quanto il processo aveva posto in luce in favore del senatore Verdini e non ci consola certamente la pur giusta assoluzione dalla accusa di associazione per delinquere. Per fortuna il nostro ordinamento prevede ancora il giudizio di appello ed attendiamo con impazienza di leggere la motivazione della sentenza per proporre contro di essa impugnazione” dice in una nota l’avvocato Franco Coppi.
“Questa sentenza è una grande ingiustizia perché noi non abbiamo fatto nulla – commenta Fusi -. Si accetta quello che dicono i giudici ma noi siamo innocenti. Abbiamo lavorato sempre per il bene dell’azienda, non abbiamo mai portato via un soldo all’azienda, ma grazie a questa indagine mi sono state portate via anche le mie aziende. Oggi è stata distrutta una delle imprese di costruzioni più grandi della Toscana, mentre chi paga le tangenti continua a lavorare”.
Provvisionale da 2 milioni e mezzo a favore della Presidenza del Consiglio
Verdini, Parisi, e altri nove condannati sono stati condannati dal Tribunale di Firenze “al pagamento a favore della Presidenza del Consiglio dei ministri di una provvisionale immediatamente esecutiva nella misura di euro 2.500.000,00″ per i reati relativi alla truffa ai danni dello Stato. I giudici hanno disposto che il risarcimento danni siano liquidati “in separata sede”. I condannati dovranno pagare anche le spese legali sostenute dalla Presidenza del Consiglio dei ministri stabilite in 20mila euro e i danni alla Banca d’Italia, parte civile nel processo, quantificati in 175mila euro come “provvisionale immediatamente esecutiva. Dovranno essere risarcite anche le spese legali sostenute dalla Banca d’Italia calcolate in 20 mila euro. Il Tribunale ha ordinato anche “nei confronti di Verdini, Parisi e di altri sei condannati la confisca della somma di euro 5.061.277,62, ovvero i beni per un valore pari all’importo corrispondente ai contributi erogati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri alla società Toscana di Edizioni srl, per i danni di competenza 2008-2009″. Il Tribunale ha ordinato anche nei confronti di Verdini, Parisi e di altri cinque condannati “la confisca della somma di euro 4.049.022,00, corrispondenti ai contributi erogati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri alla Sette Mari scarl per gli anni di competenza 2008-2009”.
L’accusa: “Banca come bancomat”, la difesa: “Fatto non sussiste”
Per l’accusa il parlamentare era il dominus della banca (che usava come “un bancomat”) e di tutte le attività le attività editoriali organizzate per ottenere contributi pubblici e nei confronti degli “amici di affari”. Tutte accuse che i difensori del senatore, gli avvocati Franco Coppi e Ester Molinaro, hanno poi respinto con forza nelle loro arringhe. In particolare, spiegò Coppi, “i pm hanno travisato la sua personalità” definendolo “assetato di potere e di denaro. Una rappresentazione che non corrisponde a quello che Verdini già era in quegli anni, ossia un politico di spicco e un uomo senza problemi di denaro”. Assoluzione piena, “perché il fatto non sussiste”, era stata chiesta anche dai difensori di Parisi e degli altri imputati, compresi quelli degli imprenditori Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei.
L’indagine, pm: “Finanziamenti senza garanzie”
Denis Verdini era stato rinviato a giudizio per associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, appropriazione indebita, truffa ai danni dello Stato il 15 luglio del 2014. Secondo l’accusa finanziamenti e crediti milionari sarebbero stati concessi senza “garanzie”, sulla base di contratti preliminari di compravendite ritenute fittizie. Soldi che, per la Procura di Firenze venivano dati a “persone ritenute vicine” a Verdini stesso sulla base di “documentazione carente e in assenza di adeguata istruttoria”. In totale, secondo la magistratura il volume d’affari, ricostruito dai carabinieri dei Ros di Firenze, sarebbe stato pari a “un importo di circa 100 milioni di euro” di finanziamenti deliberati dal cda del Credito i cui membri, secondo la notifica della chiusura indagini “partecipavano all’associazione svolgendo il loro ruolo di consiglieri quali meri esecutori delle determinazioni del Verdini”. In sintesi secondo l’accusa, Verdini decideva a chi dare, e quanto, mentre gli altri si limitavano a ratificare “senza sollevare alcuna obiezione”. A dare il via all’indagine indagine, la relazione dei commissari di Bankitalia che in 1.500 pagine, allegati compresi, avevano riassunto lo stato di salute della banca di Verdini. E le anomalie riscontrate. Altro capitolo quello dei fondi per l’editoria, che secondo la Procura di Firenze, avrebbe percepito illegittimamente per la pubblicazione di “Il Giornale della Toscana”.
Lo scorso ottobre Verdini era uscito indenne dal processo di secondo grado nell’ambito del processo per la Scuola Marescialli di Firenze. Verdini, che era stato condannato in primo grado a due anni di reclusione, era stato prosciolto con una sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione.