Sul blog di Grillo guerra senza quartiere al consumo di suolo: “Ogni giorno il cemento sommerge un’area di suolo vergine pari a 100 campi di calcio… non c’è più tempo da perdere… concretizzare sul territorio una grande battaglia… proposta di legge sull’azzeramento del consumo di suolo…”. Finalmente, ci siamo detti in tanti. Un leone. Ma l’esempio è sfortunato. Perché d’ora in avanti si dovrà dire 100 campi di calcio più uno, quello della Roma. E al seguito ventimila parcheggi e molti metri cubi.
Il progetto di stadio con valanga di cemento e impermeabilizzazione eterna del suolo è antiquariato urbanistico, urbanistica patteggiata. Eppure credevamo che 5Stelle non avrebbe confuso il pubblico interesse con quello di pochi, speravamo che non ci toccasse assistere ad una contrattazione tipo zio Paperone e Paperino, uno spara alto e uno spara basso, poi si incontrano. Il suolo di Tor di Valle esposto in un bancone come primizia.
E invece ecco le solite dichiarazioni vintage. Il vicesindaco dice che “la revisione del progetto ha dei caratteri fortemente innovativi”, i giornali scrivono di “volti distesi e dichiarazioni rassicuranti”, la tivvù racconta che James Pallotta chiede alla sindaca se le piace lo stadio e che la sindaca risponde “We love it”. I tifosi minacciavano manifestazioni di massa e invece erano cinquanta infelici davanti al Campidoglio. Più giornalisti che tifosi.
Ci hanno perfino rifilato la panzana che, se non si costruisce, la Roma calcio chiederà i danni e invece nessun danno può essere richiesto se non esiste una concessione edilizia. Ma non esiste concessione edilizia perché prima serve una variante al piano urbanistico. E neppure la variante esiste, neanche le autorizzazioni paesaggistiche. La variante sarà discussa in Consiglio comunale. Lo stesso Consiglio dove la consigliera Raggi ruggiva contro lo stadio che ora ama.
Il Piano regolatore lo permetterebbe questo benedetto stadio. La variante serve per i metri cubi in più e in Consiglio ne vedremo delle belle. Magari passerà con i voti del Pd.
Al momento esiste solo l’imbarazzante dichiarazione di interesse pubblico ereditata dalla giunta Marino. Ma dopo questo accordo di 5Stelle forse tanto valeva tenersela quella giunta. Di pubblico interesse non c’era traccia nei grattacieli storti del vecchio progetto e non ce n’è in quello attuale divoratore di suolo. Il pubblico interesse è solo un’espressione, aria che vola.
E la rete? O i capi non l’hanno interpellata? Eppure questa benedetta rete l’hanno interrogata sulla scelta del presidente della Repubblica, sulle unioni civili, su leggi elettorali e riforme di ogni tipo, sull’esistenza di Dio, su cosa c’è oltre la morte. Figuriamoci l’urbanistica. La rete pullula di urbanisti da tastiera. La rete è contro l’eruzione di cemento a Tor di Valle e di colpo non conta più. Gli sviluppisti promettono un grande Pil se si fa lo stadio. Eppure si è visto il Pil prodotto dai disastri romani elencati da Paolo Berdini. Altro che Pil. L’urbanista foglia di fico è caduto. Ora la giunta è nuda e siamo al solito mercato dei mattoni.
Certi denunciano che Tor di Valle è piena di immondezza, topi, donne che si prostituiscono e tossici. Allora, anziché chiamare la nettezza urbana per l’immondezza, i derattizzatori per i topi, la buon costume per le prostitute e la narcotici per i tossici, invocano betoniere.
Ma un pericolo reale c’è a Tor di Valle: il massimo rischio idraulico. Che non si cancella con un pennarello. Vedremo come lo mitigano, vedremo. In un Paese che paga caro il suo dissesto c’è ancora chi pensa a costruire e costruire. Predica “consumo di suolo zero” e ne ingurgita un’enorme quantità. Saranno inutili le lezioni delle bolle speculative edilizie che azzoppano intere economie? Le disgrazie legate all’uso folle dei luoghi? Inutile ricordare che Roma ha la mostruosità di 250.000 case vuote?
Non basterà la “politica di un po’ meno metri cubi” per salvare chi promette una cosa e poi ne fa una opposta. Chi dichiara guerra al consumo di suolo e poi il suolo lo consuma senza pietà. Chi difende l’interesse pubblico con le parole, ma di fatto sostiene l’interesse di pochi. Svanita la possibilità di un’idea di città, di una filosofia dell’abitare, anche 5Stelle si arrende all’edilizia e rende definitiva la sconfitta dell’urbanistica. Nessuna risposta alle esigenze reali e invece risposte dannose a bisogni fittizi.