Secondo fonti del dipartimento di Giustizia statunitense riportate dal “Washington Post”, l'attorney general ha incontrato il diplomatico di Mosca Sergey Kislyak, una volta nell’estate 2016 e l’altra nel settembre 2016. Durante le audizioni di conferma al Senato, aveva dichiarato sotto giuramento di non essere a conoscenza di presunti legami tra esponenti dello staff del presidente e il Cremlino. Pelolsi e Schumer, leader democratici alla Camera e al Senato: "Deve lasciare"
Jeff Sessions, l’attorney general dell’amministrazione Trump, ha parlato due volte con l’ambasciatore russo negli Stati Uniti durante la campagna elettorale. La notizia è stata rivelata dal “Washington Post”, che cita fonti del Dipartimento alla Giustizia. Sessions avrebbe incontrato Sergey Kislyak, l’ambasciatore russo, una volta nell’estate 2016 e l’altra nel settembre 2016, quando l’intelligence americana aveva già iniziato a indagare sulla presunta interferenza russa nella campagna presidenziale. Durante le audizioni di conferma al Senato, Sessions aveva dichiarato sotto giuramento di non essere a conoscenza di presunti legami tra esponenti della campagna di Donald Trump e i russi.
La “pista” russa continua quindi a perseguitare i membri del governo USA e tocca l’uomo, Sessions appunto, che da segretario alla giustizia è responsabile delle indagini dell’FBI sul ruolo del governo di Mosca nelle elezioni. Sono stati proprio contatti non autorizzati con i russi a portare alle dimissioni di Michael Flynn, il national security advisor di Trump. Nel caso di Jeff Sessions, c’è però l’aggravante di aver mentito sotto giuramento nelle audizioni al Senato. Quando gli fu chiesto, nella testimonianza del 10 gennaio, come si sarebbe comportato, nel caso fosse venuto a conoscenza di comunicazioni tra la campagna di Trump e funzionari russi, Sessions rispose di “non essere a conoscenza di queste attività”, aggiungendo di “non avere avuto comunicazioni con i russi”. In un altro momento un senatore democratico, Patrick Leahy, chiese a Sessions: “Siete stato in comunicazione con una parte qualsiasi del governo russo sulle elezioni del 2016, sia prima che dopo il giorno delle elezioni?”. La risposta di Sessions fu: “No”.
La linea di difesa di Sessions, presentata alla stampa da un portavoce, è che sì, gli incontri con Kislyak ci sono stati, ma non hanno in nessun modo riguardato le elezioni. Sessions avrebbe incontrato l’ambasciatore russo in quanto membro della Commissione Forze Armate del Senato. “Non ho mai incontrato alcun funzionario russo per discutere questioni legate alla campagna. Non capisco questa accusa. E’ falsa”. La stessa linea di difesa è stata assunta dalla Casa Bianca, che spiega le rivelazioni su Sessions come un modo per indebolire il discorso di Donald Trump davanti al Congresso. “Questo è l’ultimo attacco dei democratici partigiani contro l’amministrazione Trump”, ha dichiarato a CNN un funzionario della Casa Bianca, spiegando che gli incontri di Sessions con l’ambasciatore russo sono avvenuti nell’ambito del suo lavoro come senatore.
Il “Washington Post” ha però chiesto ai 26 membri della Commissione Forze Armate del Senato se hanno mai avuto rapporti con l’ambasciatore. Dei 20 che hanno risposto, tra cui il senatore repubblicano John McCain, nessuno ha mai incontrato Kislyak. Le rivelazioni hanno quindi già condotto alla richiesta di dimissioni. “Dopo aver mentito sotto giuramento al Congresso sulle sue comunicazioni con i russi, l’attorney general si deve dimettere”, ha detto la leader dei democratici del Senato, Nancy Pelosi. Richiesta ribadita poco dopo anche dal leader democratico al Senato, Charles Schumer: “Ha avuto settimane per correggere le sue dichiarazioni”.
Più probabile che, a questo punto, Sessions debba astenersi dalle indagini sulle interferenze russe nelle elezioni. Come attorney general, quindi come autorità politica da cui dipende l’FBI, Sessions avrebbe infatti un ruolo molto importante nell’investigazione. Le rivelazioni di queste ore mettono in discussione la sua imparzialità. La richiesta di mettersi da parte sono venute da esponenti repubblicani e democratici. Il senatore repubblicano del South Carolina, Lindsay Graham, ha detto che “è chiaro che Jeff Sessions, che è un mio caro amico, non può prendere alcuna decisione su Trump”. Stessa richiesta è arrivata dal democratico del Minnesota, Al Franken, che ha detto che “il popolo americano merita di sapere la verità su cosa è successo tra la Russia e il team di Trump…. E’ più chiaro che mai che l’attorney general non può, in buona fede, presiedere a un’indagine del Dipartimento alla Giustizia e dell’FBI sulla connessione Trump-Russia”.
Non è la prima volta che Sessions si trova al centro di attacchi e polemiche. Tutta la fase della sua conferma ad attorney general è stata travagliata. Sessions è stato accusato di aver assunto nel passato posizioni razziste. La senatrice democratica Elizabeth Warren, per giustificare la sua opposizione, aveva iniziato a leggere al Senato una vecchia lettera contro Sessions di Coretta Scott King, vedova del reverendo King. Warren era stata bloccata dai repubblicani e le era stato impedito di continuare. Sessions ha sempre negato di avere sostenuto alcuna posizione razzista o discriminatoria.