Secondo il sostituto procuratore Vito Valerio, gli otto imputati avrebbero imposto “condizioni contrattuali sempre complessivamente sbilanciate in favore dell’istituto di credito” che, invece, avrebbe dovuto prospettare alla società cliente altri prodotti finanziari “meno rischiosi e più propriamente utilizzati dalle imprese per la copertura del rischio collegato all’oscillazione dei tassi”
Spacciavano i derivati swap per prodotti assicurativi che sarebbero serviti a coprire il rischio di impresa collegato all’oscillazione dei tassi di interesse sui mutui e i finanziamenti a breve termine. Per la Procura di Catanzaro è truffa aggravata e con quest’accusa è stata disposta la citazione diretta per tre direttori del Banco di Napoli e cinque funzionari della filiale di Catanzaro accusati di aver raggirato i titolari della società Max Motor Srl, vendendogli prodotti finanziari speculativi, i derivati di tipo IRS appunto, omettendo di indicare la concreta natura di questi contratti.
Tra qualche settimana inizierà il processo per Salvatore Improta, Auro Brandi e Domenico Ciavoliello (i tre direttori che si sono succeduti nella filiale di Catanzaro dal 2003 al 2008), Valentina Pugliese, Salvatore D’Augello, Carmelo Mazzocca, Domenico Ferraro Pelle e Roberto Laganà. Questi ultimi, tutti funzionari dell’istituto bancario del gruppo Intesa Sanpaolo, hanno “consigliato, incentivato, promosso ed effettuato la vendita dei derivati in violazione delle norme e delle prassi bancarie”. Il tutto “avallato, consentito, o comunque non impedito”, dai direttori Improta, Brandi e Ciavoliello.
Secondo il sostituto procuratore Vito Valerio, infatti, gli otto imputati per truffa aggravata avrebbero imposto “condizioni contrattuali sempre complessivamente sbilanciate in favore dell’istituto di credito” che, invece, avrebbe dovuto prospettare alla società cliente altri prodotti finanziari “meno rischiosi e più propriamente utilizzati dalle imprese per la copertura del rischio collegato all’oscillazione dei tassi interesse sui mutui e i finanziamenti a breve termine”.
Se ciò fosse avvenuto, gli utili per il gruppo bancario sarebbero stati inferiori e gli imputati non avrebbero procurato quello che la Procura, guidata dal magistrato Nicola Gratteri, definisce un “ingiusto profitto” sia sotto il profilo patrimoniale (la Max Motor Srl si è vista addebitare oltre 364mila euro sul suo conto corrente, ndr) sia sotto il profilo non patrimoniale perché il Banco di Napoli così facendo ha ampliato il suo portafoglio clienti.
Con “artifici e raggiri”, infatti, direttori e funzionari di banca avrebbero fatto sottoscrivere a Gregorio Viscomi, uno dei soci della Max Motor Srl”, non solo “un nozionale complessivo per 6 milioni di euro”, ma anche la dichiarazione “di essere operatore qualificato”. “In difetto di un consenso realmente informato – è scritto nel capo di imputazione – e quindi artatamente indotti a confidare nell’utilità e convenzienza delle operazioni”, Viscomi e la sua socia Stefania Tallarico hanno così sottoscritto sei contratti che hanno portato la loro azienda a un esposizione di oltre mezzo milione di euro.
La prima udienza del processo è stata già fissata per il 10 aprile e gli avvocati Arturo Bova, Antonio Lomonaco e Giuseppe Fonte, che assistono le parti offese, hanno presentato una denuncia anche per l’ipotesi di reato di usura bancaria.