Dopo Catania ed Enna, in Sicilia scoppia un altro Tesseragate. Al Nazareno, infatti, è arrivata una segnalazione da parte della minoranza dem della città che fu feudo di Francantonio Genovese: “Il commissario Carbone ha affidato il tesseramento a un ufficio monocolore”. I renziani: “Il caso è rientrato”. Dubbi sul numero ufficiale dei tesseramenti e sull'iscrizione di alcuni cittadini extracomunitari e cingalesi: "Numeri minimi"
Un unico circolo in tutta la città, solo una settimana effettiva per tesserarsi e un numero di iscritti che in certe zone della provincia è cresciuto in maniera sospetta. In più un curioso caso di extracomunitari, cinesi e cingalesi, che a Messina avrebbero scelto di arruolarsi sotto le bandiere del Partito democratico. Dopo Catania ed Enna, in Sicilia per i dem spunta un altro Tesseragate. E questa volta i riflettori del Nazareno saranno puntati sulla città dello Stretto, storica roccaforte di Francantonio Genovese, l’uomo scelto da Walter Veltroni come primo segretario del Pd sull’isola nel 2007. Dieci anni dopo, Genovese ha rimediato una condanna in primo grado a 11 anni di carcere per associazione a delinquere, riciclaggio, peculato, frode fiscale e truffa, ha trascorso 19 mesi agli arresti (tra carcere e domiciliari) e una volta riconquistata la libertà ha abbandonato il Pd insieme a tutta la sua corte entrando in Forza Italia.
Il prossimo congresso, dunque, sarà quello della rinascita per i dem a Messina, dopo due anni di commissariamento affidato alla gestione di Ernesto Carbone, il renziano di ferro noto alle cronache per il suo “ciaone” postato su twitter all’indirizzo dei sostenitori del referendum sulle trivelle. Ed è proprio contro le modalità utilizzate da Carbone per gestire il nuovo tesseramento che alla commissione per il congresso è arrivata una segnalazione proveniente dalla città peloritana. A spedirla alcuni esponenti della minoranza dem che lamentano essenzialmente tre cose: la campagna per il tesseramento che si è concentrata in poco più di una settimana – tra il 20 e il 28 febbraio -, un unico centro di raccolta iscrizioni aperto a Messina per l’intera provincia che conta ben 108 comuni, uno strano numero di tessere cresciuto a sorpresa in alcune zone del peloritano.
“Io per fare le tessere mi sono munito di moduli e li ho distribuiti in quelli che una volta erano i circoli”, racconta il deputato regionale Filippo Panarello, tra i sostenitori della candidatura di Andrea Orlando alla segretaria dem. “Onestamente – continua il deputato originario di Giampilieri – a preoccupare è il fatto che Carbone abbia curato il tesseramento affidandolo a una sorta di ufficio aperto a Messina a trazione monocolore: composto, cioè, solo da renziani. Ma finché non avremo i dati ufficiali è praticamente inutile discutere: aspettiamo che il commissario decida di scendere a Messina per fornirceli”.
Sì, perché a una settimana dal termine ultimo per l’iscrizione al Pd, a Messina non c’è un numero ufficiale di tesserati: i rumors parlano di 6-7 mila iscritti, un buon risultato anche se ai tempi di Genovese il partito in zona poteva contare su quasi ventimila tessere. “Gli iscritti sono meno di 6 mila, ma a rendere ufficiale le cifre deve essere il commissario”, dice Davide Fragale, l’uomo nominato da Carbone come responsabile del tesseramento dem nel peloritano. “La questione della segnalazione ai garanti – sostiene Fragale – è già rientrata si riferiva ad una determinata area in cui c’era stata una sovraesposizione di numeri, ma io stesso avevo già controllato. Si tratta di una contestazione prettamente metodologica e burocratica”.
Ma proprio perché non c’è ancora alcuna ufficialità su numeri e nomi dei tesserati, in queste ore si moltiplicano le voci sull’iscrizione ai dem peloritani di cittadini cinesi e cingalesi. Voci che Fragale conferma seppur con qualche distinguo. “Premesso che il Pd è un partito per l’integrazione, premesso che questa per me è una domanda razzista, dico che c’è una percentuale di cittadini extracomunitari che si è iscritta al Pd, ma purtroppo è un numero molto inferiore a quello che dovrebbe essere. E sottolineo purtroppo”. Mistero dunque sulla nazionalità e sull’effettivo numero di asiatici che in riva allo Stretto hanno deciso di aderire al verbo renziano, mentre lo stesso Fragale prova a minimizzare la questione. “A Messina – dice – siamo diventati un partito soltanto adesso. Francantonio (Genovese, ndr) è un mio amico, lo conosco da quando avevo 5 anni. Ma la sua funzione di partito era: ‘Io ho i numeri e i soldi, gli altri si devono accontentare delle briciole‘. E spesso si accontentavano”.
“Questo è un congresso che deve sancire la rinascita del Pd a Messina: è il caso dunque di fare tutti i controlli necessari per evitare che tale rinascita avvenga seguendo lo stesso modus operandi di Genovese”, dice invece Alessandro Russo, uno dei renziani della prima ora. Sì, perché nella città sullo Stretto di correnti renziane ne esistono addirittura due: una storica, vicina all’ex sindaco di Firenze dal 2010 e acerrima nemica di Genovese, e un’altra più “giovane” e moderata che si è avvicinata al partito a partire dal 2012 insieme al deputato regionale Pippo Laccoto. Un elemento, quello dei renziani sdoppiati, che la dice già lunga sul grado di complessità della situazione politica locale. Dove, però, alcuni esponenti delle comunità asiatiche devono aver evidentemente trovato modo di impegnarsi attivamente.
*Articolo aggiornato dall’autore alle ore 14 e 45 del 7 marzo 2017