I casi, tutti senza risvolti penali, sono stati rivelati da Repubblica. L'eurodeputata di Forza Italia sta già restituendo i 126mila euro contestati: "E' stato un errore del mio commercialista", ha detto. Le due grilline invece hanno dichiarato di aver scoperto dei casi dalla stampa e di essere pronte a prendere provvedimenti per rimediare
L’europarlamentare di Forza Italia Lara Comi sta restituendo al Parlamento europeo 126mila euro per aver assunto la madre come assistente dal 2009 al 2010; per le deputate M5s Daniela Aiuto e Laura Egea ci sono due procedimenti aperti su rispettivamente: sei ricerche sul turismo commissionate a una società accusata di aver copiato i contenuti da siti tipo Wikipedia, l’assunzione di un collaboratore che sarebbe invece un imprenditore che lavora sul posto. Sono questi alcuni dei casi, tutti senza risvolti penali, raccontati da Repubblica in merito alle accuse a carico di europarlamentari italiani che siedono a Bruxelles e su cui il Parlamento ha avviato accertamenti. E se la prima si è difesa dicendo che si è trattato un errore per cui sta già pagando, le altre due hanno dichiarato di aver scoperto i fatti dalla stampa e di essere pronte a prendere provvedimenti.
Tra i primi a reagire ci sono stati i parlamentari del Ppe, gruppo di cui fa parte la Comi, e che, secondo quanto riportato dall’agenzia Ansa, avrebbero detto di non essere a conoscenza del caso: “Una tegola sulla testa”, hanno commentato nei corridoi, anche se la vicenda non riguarda i soldi che ha in gestione il gruppo e soprattutto si riferisce alla scorsa legislatura. Lara Comi ha replicato dicendo che si tratta di una vicenda “ben nota” e di un fatto “ampiamente chiarito”: la decisione di ingaggiare la madre come collaboratrice fiduciaria, si è difesa la Comi, è stata presa sulla base del parere, poi rivelatosi errato, dell’allora suo commercialista, cui la Comi successivamente ha ritirato l’incarico. “Sto restituendo fino all’ultimo centesimo la somma che viene contestata, con una detrazione che ogni mese mi viene prelevata direttamente dallo stipendio”, ha detto. “Nel 2009, a 26 anni, sono stata eletta in Parlamento Europeo. Ho lasciato il mio lavoro nel settore privato e con grande entusiasmo ho intrapreso quest’avventura. Ogni giorno mi trovavo di fronte a sfide nuove e importanti e, per affrontarle, ho deciso di avere a fianco a me, con un incarico fiduciario, la persona di cui avevo la massima fiducia, mia madre, che mi è stata vicino in tutti i momenti più importanti della vita. Per potermi supportare in questo ruolo lei si è presa l’aspettativa – non retribuita – dal suo lavoro pubblico come insegnante”. Comi sostiene che non era stata messa a conoscenza del fatto che non potesse più assumere un familiare: “La possibilità di scegliere un familiare come collaboratore era permessa fino al 2009, con un periodo transitorio di un anno, come mi aveva spiegato il mio commercialista, che aveva anche consultato gli uffici del Parlamento Europeo. Solo dopo molti anni, cioè nel 2016, vengo a scoprire che questa possibilità era stata esclusa dai regolamenti parlamentari. Per questa ragione, già lo scorso 3 aprile 2016, ho ritirato l’incarico al mio commercialista che, seppure in buona fede, aveva commesso l’errore”.
Altro capitolo è quello del Movimento 5 stelle. Le due eurodeputate si sono difese con una nota poi pubblicata su Facebook dicendo di aver appreso dalla stampa e di essere pronte a prendere provvedimenti. Il primo caso è quello di Daniela Aiuto, accusata di aver commissionato almeno sei ricerche che sarebbero state plagiate dalla società di consulenza a cui si era rivolta. La parlamentare ha quindi replicato: “Ho disposto la sospensione del pagamento delle fatture già emesse”, ha scritto su Facebook. “Inoltre ho comunicato ai servizi parlamentari che provvederò personalmente a rimborsare le fatture già saldate. Resta inteso che agirò legalmente nei confronti della società di consulenza per il rimborso delle somme già sostenute e anche per il risarcimento di ogni ulteriore danno. Pur essendo parte lesa in questa vicenda ho dato la mia piena e totale disponibilità a collaborare con i servizi parlamentari per tutelare il Movimento 5 stelle”. Reazione simile quella della collega Laura Agea, accusata invece di aver assunto un collaboratore a Bruxelles che in realtà svolge l’attività di imprenditore. “Ho appreso dalla stampa”, ha replicato sempre su Facebook, “che sono in corso verifiche riguardanti l’attività svolta da uno dei miei collaboratori locali. Pur non avendo ricevuto alcuna comunicazione ufficiale, mi metto immediatamente a disposizione delle autorità competenti per qualsiasi tipo di documentazione circa la sua attività, che si svolge nel quadro dei miei lavori di deputato al Parlamento europeo. Ho deciso di sospendere momentaneamente la collaborazione in corso per approfondire i termini dell’inchiesta di cui, al momento, non ho informazioni, per permettere alle autorità competenti di svolgere serenamente i dovuti controlli e per non esporre il mio collaboratore ad inutili strumentalizzazioni. Questi controlli sono fondamentali per garantire trasparenza e onestà, valori portanti del Movimento 5 stelle”.
Tra i casi ricordati da Repubblica anche Massimiliano Bastoni, ex assistente parlamentare del leghista Mario Borghezio dal 2009 al 2014 e contemporaneamente consigliere comunale a Milano. L’eurodeputato del Carroccio ha replicato che “l’indagine nasce da presupposti inesistenti: Bastoni aveva tutto il diritto di fare anche il consigliere comunale perché non si tratta di un’attività salariata. E comunque ogni lunedì lui era qui a Bruxelles e può dimostrarlo”. Nella lista c’è anche l’attuale viceministro Riccardo Nencini a cui l’Olaf aveva chiesto di rimborsare 455mila euro per viaggi irregolari e contratti di assistenti, ma dopo aver fatto ricorso alla Corte di giustizia i pagamenti sono caduti in prescrizione.
Caso diverso quello dell’ex Pd e oggi Mdp Antonio Panzeri. A lui il Parlamento ha chiesto nel 2016 una somma di 83 mila euro. Una contestazione riferita alla legislatura 2004-2009 e legata ai finanziamenti ricevuti dalla sua associazione Milano Più Europa. All’epoca, sostiene Panzeri, la funzione di assistenza al parlamentare poteva essere affidata anche ad associazioni. Poi il Parlamento ha cambiato le regole applicandole “retroattivamente”. “Una palese violazione dei principi di diritto”, afferma l’eurodeputato.