Lo ammetto: ogni tanto i media sono divertenti nel loro essere naïf. Oggi tutti urlano allo scandalo: la Cia (Central Intelligence Agency) ci spia. Anzi, come riporta il file di Wikileaks, l’agenzia dei servizi americani è ancora più curiosa dei nostri affari di quanto già non sapessimo. Perché trovo la cosa divertente? Perché se l’attività di data gathering (raccolta dati e conseguente analisi) fosse operata solo dalle agenzie dei servizi segreti nazionali (quindi si suppone autorizzate da un mandato governativo a proteggere la propria nazione, popolazione e conseguenti interessi nazionali), io starei tranquillo.
Ma cosa succede se la stessa quantità di raccolta dati, raffinazione, elaborazione e valorizzazione (schedatura, profilazione, ingaggio ecc…) venisse fatta ogni giorno, ogni ora, ogni secondo da aziende private, il cui scopo dichiarato è migliorare la qualità del loro servizio? Qualcuno si è mai posto la domanda su come faccia Google o il browser Chrome (del gruppo Google) a sapere in anticipo cosa state cercando? Non sono dei geni ma, grazie a una serie di parametri e relativi algoritmi, possono prevedere (con un certo margine) cosa vi può interessare (sulla base delle vostre precedenti sessioni di attività in rete).
Ovviamente si dirà che Google utilizza queste informazioni per scopi commerciali, che non conserva informazioni sensibili (dati medici, sessuali, religiosi e qualunque altro dato che possa portare a rischi di discriminazione). Già nel 2012 Google dovette fare due chiacchiere con il governo americano per spiegare perché conservava così tanti dati. Se volete approfondire qui trovare il resoconto dell’incontro governo Usa-Google.
La Federal Trade Commission americana scoprì poco dopo che Google aveva posizionato dei cookies per tracciare le attività on line delle persone che usavano il browser Safari. Google aveva trovato una falla nella sicurezza di Safari e sfruttava le informazioni raccolte per migliorare la sua qualità di pubblicità (miglior abilità di intercettare gli “interessi degli utenti” sulla base delle informazioni che essi disseminavano in rete). Per questa ragione il gruppo americano aveva pagato una multa record di 22 milioni di dollari.
Facciamo un altro esempio di quanto dannoso potrebbero essere (usiamo il condizionale) l’utilizzo di dati in ambito finanziario. Lo sfruttamento dei dati su base razziale ha contribuito allo scenario dei mutui subprime (chi non potendoselo permettere si indebitava per comprare una casa in Usa), come ben spiegato da questa analisi. La pratica si applica nel prendere come bersaglio utenti di colore con uno storico di garanzie bancarie (necessarie per accedere ad un mutuo) pessime. L’industria dei mutui e prestiti appare essere una delle aree di maggior interesse con keyword particolarmente utilizzate, come riporta questa analisi di Wordstream, una compagnia specializzata ad aiutare le aziende a fare offerte efficaci su Google Ads. Tra i maggiori interessati ci sono quelli che promuovono prestiti giornalieri per chi non ha conti bancari e apre un finanziamento breve dando come garanzia l’assegno dello stipendio successivo. Queste tipologie di prestiti molto aggressivi sono stati vietati o circoscritti da molti Stati americani.
Sia Google che Facebook si posizionano come grandi difensori della privacy. Tuttavia pochi anni fa, quando lo Stato della California propose una legge per permettere ai singoli utenti di visionare che tipo di dati i gruppi media collezionassero, le compagnie di Silicon Valley si attivarono per uccidere la legge.
Governi e aziende in futuro acquisiranno sempre più informazioni su tutti noi. In molti casi ci facilitano la vita, portandoci a trovare subito quello che ci interessa, o a prevengono eventi terroristici (con la premessa che i terroristi siano in rete, diversamente questa digital intelligence si applica alla popolazione nativa, non straniera). Tuttavia se oggi siete scioccati da cosa fa la Cia (autorizzata dal governo) domandatevi cosa fanno gruppi come Facebook e Google con tutti i vostri dati. Lo sapete?