In voga negli Stati Uniti nel XIX secolo, i medicine show erano spettacoli itineranti durante i quali i “medici” reclamizzavano i loro prodotti prodigiosi in grado di curare ogni tipo di dolore e malattia, ed erano accompagnati solitamente da un attore e da un musicista-cantante che improvvisavano esibizioni per attirare clienti e consentire di smerciare gli elisir miracolosi.
A questi spettacoli di natura ciarlatanesca devono il loro nome gli Old Crow Medicine Show, band di Nashville scoperta per caso da una vera e propria leggenda del Bluegrass, Doc Watson, scomparso nel 2012, che li vide suonare per strada dinanzi a una farmacia nel North Carolina. Da quel giorno sono trascorsi 20 anni e 9 dischi, e questo Best Of è l’occasione migliore per conoscere la loro musica, una miscela mutante di Country ballabile, Folk e sonorità hillibilly combinata col ritmo sincopato del Jump R’n’B, e suonata con banjo, violini, armoniche, mandolini, contrabbassi e percussioni. Composto da 14 brani (due inediti), la selezione è stata fatta tenendo conto delle scelte dei fan: non potevano mancare Wagon wheel, I hear them all e Big time in the jungle. Canzoni spiritate per performer motivati e indemoniati. Qui di seguito trovate l’intervista a uno dei fondatori della band, il cantante Ketch Secor.
La vostra storia sembra la trama di un film: mentre vi esibite davanti a una farmacia venite notati da un grande della musica come Doc Watson: da allora sono trascorsi 20 anni, avreste mai immaginato che vi sarebbe andata così bene?
Con Critter (Critter Fuqua, chitarrista della band, ndr) abbiamo iniziato a fare musica assieme dall’età di 12 anni. Sin dall’inizio, abbiamo sempre avuto la sensazione che tra noi scorresse qualcosa di speciale. Questo vale anche per le cose più semplici, come ad esempio camminare sui binari: tutto quel che facevamo insieme sembrava avere il potenziale per diventare qualcosa di bello. In seguito, dopo aver imparato a suonare la musica tradizionale americana, ci siamo messi alla prova e abbiamo cercato di spingere il più possibile. Ammetto che ho sempre avuto la sensazione che meritassimo un posto di tutto rispetto. Difatti, ho sempre creduto che le probabilità di ottenere successo fossero alte. Ma è buffo ripensare al passato e accorgersi di quante volte siamo arrivati sull’orlo del precipizio.
In che modo vi siete sdebitati con Doc Watson?
Doc è stato molto generoso con noi, ma sono state sua figlia Nancy e sua moglie Rose Lee a mostrarci affetto e fiducia fin dall’inizio.
Dopo 20 anni di carriera c’è qualche obiettivo che sentite di non aver ancora raggiunto?
Finora è andato tutto molto bene e la vita ha mantenuto un elevato grado di interesse da parte nostra. Sicuramente sarebbe un grosso obiettivo per noi guadagnarci un giorno anche la stima degli italiani.
Per quale motivo avete scelto di chiamarvi Old Crow Medicine Show?
La nostra band è nata facendo musica agli angoli delle strade e all’epoca avevamo bisogno di trovare un nome accattivante e che evocasse il tipo di musica che suonavamo. In quel periodo ero immerso nella lettura di libri sulla spiritualità degli Indiani d’America e quando mi venne in mente questo nome, pensai che fosse un nome potente, che ci avrebbe protetto e portati al successo. Ma a volte penso che forse sarebbe stato meglio se avessimo scelto un nome meno lungo.
Cos’è che vi ispira nel comporre musica?
Siamo una band che suona rock e roll con strumenti acustici, la nostra ispirazione proviene dalla musica tradizionale americana e cerchiamo di rimanere originali nella scrittura delle nostre canzoni che appartengono a questo genere.
Qual è il vostro approccio con la musica?
Gioia, desiderio, amore, umorismo, umiltà e molta stimolazione.
Mi parli del greatest hits che avete da poco dato alla luce?
Dopo aver suonato in quasi ogni parte del mondo, arriva un momento in cui rifletti su tutte le miglia percorse e viste dal parabrezza: un Best Of è come la griglia di un camioncino, dopo un lungo viaggio. Puoi trovarci di tutto!
Qual è il criterio in base al quale avete scelto i brani?
Abbiamo scelto quelli che sembrano essere i più significativi per la maggior parte delle persone.
La vostra è una musica che si può definire ‘tradizionale’, ideale al tempo della Presidenza Trump, col revival di concetti come “suprematismo bianco” e il risveglio del ku klux klan: voi come siete schierati politicamente?
La nostra musica tradizionale nasce dalle radici di ogni razza e ogni dottrina d’America. Nei secoli in cui c’era la separazione delle razze, la musica era spesso l’unico strumento per gli americani per fare un’“impollinazione incrociata”. La musica folk è sempre stata in prima linea nelle fasi di perturbazione sociale, a partire dal movimento operaio degli anni 30 a quello per i diritti civili degli anni 60 fino al più recente movimento di protesta delle donne. Alcune nostre canzoni ho saputo che sono state cantate da Pete Seeger uno dei più grandi uomini di pace della nostra Nazione. Come Pete, crediamo nella pace e crediamo che la musica possa farci strada.
Anche voi comparite nel bel docufilm The Big Easy Express: che ricordi avete di quel periodo? In che rapporti siete rimasti con i co-protagonisti Mumford & Sons ed Edward Sharpe & Magnetic Zeros?
I treni fanno parte della leggenda e della tradizione della canzone americana. Hanno un ritmo potente e sono sexy da matti. Vogliamo un gran bene ai Mumfords e facciamo il tifo per loro. Lo stesso vale per gli Zeros.
Ci sono altri artisti o band contemporanei con i quali ritenete di avere qualcosa in comune?
Sì, ce ne sono molti, Stevie Wonder, Eartha Kitt, Toots Thielmans, Maybelle Carter, Jimmie Rogers, solo per citarne alcuni..
Prossimi progetti?
Il 28 aprile pubblicheremo OCMS 50 years of Blonde On Blonde, un album dal vivo che celebra questo disco che riteniamo innovativo. Credo che sia il miglior disco che abbiamo mai fatto.