Rinvio a giudizio per il giudice Anna Scognamiglio e il marito Guglielmo Manna, l’ex capo della segreteria di Vincenzo De Luca Nello Mastursi condannato a 1 anno e 6 mesi per l’induzione indebita a promettere. A deciderlo è stato il gup di Roma al termine dell’udienza preliminare nell’ambito dell’inchiesta su presunte pressioni esercitate al fine di indirizzare la decisione del Tribunale di Napoli sugli effetti della legge Severino nei confronti del presidente della Regione Campania De Luca.
La vicenda si consumò nei caldissimi mesi dell’estate 2015. Mesi di incontri e trattative sotto al sole rovente, per rifare una squadra di governo e di amministratori della sanità. In Campania era stato appena eletto un nuovo Presidente, il Pd Vincenzo De Luca, con una spada di Damocle sul capo: la Legge Severino. Una condanna in primo grado per abuso d’ufficio a Salerno (poi annullata in Appello e Cassazione) lo costringeva a una dura battaglia legale per insediarsi in una carica dalla quale doveva essere sospeso e che non avrebbe potuto ricoprire. In quei tre mesi, dal luglio al settembre 2015, mentre la giudice civile Anna Scognamiglio sedeva nel collegio che si occupava dei ricorsi di De Luca, accogliendoli con sentenze che hanno consentito a De Luca di assumere le funzioni e i poteri di Governatore, il marito Guglielmo Manna, avvocato e consulente dell’ospedale Santobono, incontrava alcuni dei più stretti collaboratori di De Luca, a cominciare dal capo della segretaria Nello Mastursi, per provare a farsi nominare manager di una Asl campana. Si avviò un negoziato intercettato dagli uomini della Squadra Mobile di Napoli, fatto di allusioni e rimandi alla circostanza che Manna era il marito del giudice Scognamiglio e questo poteva tornare utile al momento buono. In realtà i due erano separati di fatto, ma poco importa nella ricostruzione degli inquirenti, che intercettarono anche alcune telefonate tra i due ritenute indizi di una consapevolezza o quanto meno di una silente complicità del magistrato con il marito. Accuse che la Scognamiglio ha sempre respinto, dichiarandosi “vittima” delle trame dell’ex compagno. Una telefonata finita nelle carte risale a pochi minuti dopo la conclusione della camera di consiglio sul caso De Luca: “E’ finita”, disse lei.
Ieri è finita l’udienza preliminare del processo in corso a Roma, competente per i reati che coinvolgono magistrati napoletani. Il Gup Wilma Passamonti ha condannato Mastursi, che ha scelto il rito abbreviato, a un anno e sei mesi per induzione indebita a dare o promettere utilità, e ha rinviato a giudizio gli altri protagonisti di una vicenda scoperta quasi per caso da indagini dei pm Henry John Woodcock ed Enrica Parascandolo sulle infiltrazioni della camorra nella sanità napoletana. Il 18 settembre inizierà il dibattimento per Scognamiglio, Manna, Giuseppe Vetrano (sostenitore irpino di De Luca), Gianfranco Brancaccio (un avvocato che perorava Manna nella sua ricerca di una nomina), Giorgio Poziello (capo sala di ortopedia del Santobono ed anche lui attivo nell’appoggiare Manna). Per il presunto beneficiario, De Luca, pende una richiesta di archiviazione. Nel frattempo Scognamiglio è stata trasferita al Tribunale di Aversa su decisione del Csm, che ha avviato un procedimento disciplinare ancora in corso. Deve rispondere di omissione dell’obbligo di astensione, violazione del dovere di riservatezza degli affari in corso e rivelazione al marito di notizie riservate apprese per servizio. Informazioni di cui questi “si avvaleva – secondo l’accusa formulata dalla procura generale della Cassazione – per accreditare la possibilità di condizionare le decisioni della moglie e dei giudici del tribunale in favore del dott. De Luca”. Il procedimento davanti alla Sezione disciplinare di Palazzo dei marescialli si è aperto a gennaio, con le prime deposizioni di testimoni. La difesa del giudice aveva chiesto di sospenderlo in attesa della decisione del Tribunale penale. Richiesta respinta dal tribunale delle toghe, che ha fissato la prossima udienza per il 15 maggio.