Otto su otto sì all’impeachment. La Corte costituzionale sudcoreana ha confermato all’unanimità la destituzione della presidente Park Geun-hye, dopo che il Parlamento di Seul l’aveva approvata il 9 dicembre scorso. Al termine della lettura del verdetto, ci sono stati scontri tra i sostenitori di Park e le forze dell’ordine: due persone sono morte e almeno dieci sono rimaste ferite. La presidente è coinvolta nello scandalo che ha travolto la sua confidente Choi Soon-sil, un’amica “sciamana” accusata di aver influenzato le decisioni politiche senza ricoprire alcuna carica. “Le sue azioni – ha annunciato il presidente della Corte – hanno tradito la fiducia del popolo. Si tratta di una violazione della legge che non può essere tollerata”. Park ha fatto sapere che resterà nel suo ufficio alla Blue House per tutta la giornata e non ha alcun piano sulla diffusione di un messaggio pubblico in giornata. “A causa di alcuni problemi alla residenza privata a Samseong-dong, a sud di Seul, Park è impossibilitata a trasferirvisi e dovrà restare nella residenza” presidenziale, ha affermato un aiutante citato in forma anonima dalla Yonhap. Intanto l’esercito sudcoreano ha ordinato ai suoi soldati lo stato di allerta in vista di possibili “provocazioni” della Corea del Nord. Lunedì scorso la Corea del Nord aveva lanciato quattro missili nel mar del Giappone, rispondendo alle manovre annuali congiunte di Seul e Washington.

A leggere il dispositivo di “condanna” in diretta tv è stata la presidente della Corte Lee Jung-mi, altra donna salita ai vertici in una nazione dalla solida tradizione maschilista e il cui mandato è in scadenza il 13 marzo. “La speranza”, ha detto, “è che la sentenza chiuda le divisioni nazionali. Gli effetti negativi delle azioni presidenziali e le loro ripercussioni sono gravi, e i benefici della difesa della Costituzione con la sua rimozione dalla carica sono enormemente ampi”. Sempre Mi ha quindi auspicato che la scelta dei giudici contribuisca a porre fine al “caos politico” in cui versa il Paese a causa dello scandalo corruzione che ha travolto la presidente. La Corte ha certificato il ruolo nefasto della ‘sciamana’ e confidente, Choi Soon-sil, che si è “immischiata in affari di Stato” per colpa di Park, responsabile della ripetuta e continua “fuga di molti documenti riservati”. Non solo, ha riconosciuto anche il ruolo coordinato nel premere sulle imprese sudcoreane per l’erogazione di fondi a due dubbie fondazioni promosse da Choi che avrebbero incassato decine di milioni di dollari.

Nel suo giudizio di legittimità e di merito, la Corte ha ravveduto anche alla scrematura del corposo dossier parlamentare rigettando, ad esempio, le accuse di abuso di potere nella nomina di funzionari di governo e le pressioni sulla stampa (in entrambi i casi “per mancanza di prove”) o la cosiddetta “fuga dalle responsabilità”, come nella tragedia dell’affondamento di aprile 2014 del traghetto Seawol (costato la vita a oltre 300 persone, quasi tutti studenti di liceo), non di “competenza” della Corte. La parentesi di crisi istituzionale dura da 92 giorni e fino a questo momento il premier Hwang Kyo-ahn è stato presidente reggente: secondo la costituzione, nuove elezioni si terranno entro 60 giorni, con ogni probabilità il 9 maggio. L’ex capo delle opposizioni Moon Jae-in, sconfitto da Park nel 2012, è dato da tutti i sondaggi come il favorito, con un gradimento ampiamente superiore al 30%.

La decisione della Corte ha privato la presidente della sua immunità parlamentare: Park può ora essere perseguita penalmente. Dopo il verdetto il suo partito, Liberty Korea (Saenuri) ha presentato le sue scuse e ha detto di rispettare la decisione dei giudici. “Abbiamo mancato al nostro dovere di partito di governo, mancato nel proteggere la dignità e l’orgoglio della Corea del sud”, ha dichiarato il leader ad interim, In Myung Jin.

 

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