IL DIRITTO DI CONTARE (HIDDEN FIGURES) di Theodore Melfi. Con Taraji P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monáe. Usa, 2016. Durata: 122’. Voto 2,5/5 (DT)
Virginia, 1961. Space Task Force della Nasa. Preparazione e attesa per l’orbitare intorno alla terra di John Glenn. Tra enormi lavagne a muro, pannelli, scalette, gessetti, curve ed equazioni, lavorano la matematica Katherine, la supervisore di un team di calcolatrici Dorothy e l’aspirante ingegnere Mary. Sono tre donne. Nere. Bagni separati, mensa separata, occhiatacce separatiste dai colleghi (al 99%uomini) tutti in camicia bianca e cravattino nero. Solo che il capo, mister Harrison (Kevin Costner a suo agio nell’indossare i panni di un simil Jim Garrison), intuisce che Katherine toglierà le castagne dal fuoco per il rientro di Glenn sulla terra grazie ai suoi prodigiosi e rapidissimi calcoli ancora non travolti dai cassoni computerizzati IBM. Nell’impossibilità di capire gli arzigogoli stampigliati sulle lavagne (un po’ come in tutti i film sui prodigi delle matematica) lo spettatore osserva l’orbita storica de Il diritto di contare più come un sognante film di superoi(ne) che di un vero e proprio pamphlet politico antirazzista (leggasi Loving in uscita a breve in Italia e coevo a Hidden Figures negli Usa). Messa in scena laccata tutta d’interni Nasa, tinte soleggiate e pastello per gli esterni, l’intrattenimento educativo di Melfi guarda all’insù in attesa del ritorno di Glenn, quasi come se la riuscita della missione spaziale disegnata delle geniali ragazze nere fosse proporzionale al loro grado di emancipazione razziale. Terzetto apparente di protagoniste quando tutti il peso dello script grava sulle spalle robuste, dimesse e speciali della convincente Taraji P. Hanson.