La sfida finale
Il menù degustazione di Valerio è “super ambizioso, molto spinto, molto asiatico” dice Cracco che ha deciso chi deve vincere già al primo giro. Come sempre il giovanottone è goffo e come sempre è pura intuizione, che si trasforma in innovazione, spesso grazie a quello che ha imparato nei mesi con gli chef (astuzia che non può che fare breccia). Per esempio cucina il plancton, protagonista di una delle ultime puntate e poi mescola ancora il wagyu – cioè il bovino giappo – con il riccio di mare, stravince con il black cod in oliocottura (ancora una cosa east-oriented). Cracco continua a dire “equilibrio, equilibrio” mentre si pulisce col tovagliolo e gli altri non riescono a placare il suo entusiasmo. King Kong, insomma, sbaglia solo il dessert perché mette dentro un bicchierone 7-8 elementi diversi come se avesse riempito il carrello della spesa, ma alla fine il cucchiaio fatica a affondare in meno di due centimetri di roba.
Gloria invece resta piantata sul casalingo andante, rivisita tutte le sue ricette liguri che più volte ha confessato di ripassare a memoria a casa. E’ la più ordinata di tutte, d’altra parte è un po’ robottino e un po’ feldmaresciallo della Wehrmacht. Corre a mille, serve tutte le portate prima di tutti, ma prende botte quasi a ogni portata, a dimostrazione che forse la finale a tre non è stata proprio una decisione da scolpire nel bronzo. Fa la cima alla genovese e Cannavacciuolo scrive “senza emozione, è una frittata”. Fa i pansotti al sugo di noci e Bastianich li cancella perché “non hanno consistenza, manca il sale dappertutto”. Fa il prebuggiun rivisitato e Barbieri sputa tutto il risotto dopo essersi punto con qualche vegetale. “Mangiare le erbe così mi sembra di essere una pecora” aggiunge Bastianich. Per dolce fa una crema inglese al limone. Tutti a dire “ma che buona” ma il pensiero è appunto quello di Bastianich: “Un po’ casalinga”.
Cristina invece trionfa in stile e grazia, anche se a volte dimentica di essere a MasterChef e non a un corso di fotografia. Un po’ di sapore servirebbe ogni tanto. Tipo la “rosa bianca” con la seppia e lo squacquerone “è un po’ indietro di sale”, come di solito dice il Barbi, gli strozzapreti con rombo, vongole e fiori di zucca sono “sapori molto delicati” loda Cracco, “troppo” replica Joe, “non è qualcosa da ristorante”. Il dolce è una panna cotta: bellissima a vedersi, al Moma ci starebbe da dio, ma sempre panna cotta è, “fa molto RiminiRizzòne” (sempre Barbi).
L’ultimo “siamo d’accordo” tra i giudici arriva dopo che finalmente si sentono spiegare in modo analitico quali piatti meritano e quali no e perché. Ma l’annuncio del vincitore non segue la sola regola del chi ha cucinato meglio. Piuttosto: “Chi ha più talento dei tre?” chiede significativamente Cracco. E Valerio, sul talento, contro la precisina e la militarizzata, ha davanti la strada spianata. Per il sesto anno, invece, resta il mistero della busta: a cosa serve estrarla come al Dolby Theatre (che tra l’altro non porta benissimo) visto che a decidere non è sono chissà quale commissione di professori, ma i 4 giudici lì presenti?