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Sesso, Droga e Pastorizia, chiusa pagina dopo le segnalazioni della Lucarelli. “Ho iniziato a pubblicare i loro nomi, mi hanno implorato piangendo di toglierli”

La guerra tra la giornalista e la pagina Facebook che lei definisce un insieme di “misoginia, denigrazione continua, umorismo nero che vorrebbe ricordare Charlie Hebdo, soprattutto nel gruppo chiuso cartelle con file zeppi di video e foto modello revenge porn" inizia a settembre 2016. L'ultimo capitolo che ha spinto di nuovo la giornalista ad intervenire è un video pubblicato l’8 marzo da uno degli amministratori del gruppo che durante una cena discetta della differenza tra “farsi una sega” e “scopare una cicciona”

di Davide Turrini

Facebook ha chiuso la contestata pagina Sesso, Droga e Pastorizia. L’account da un milione e settecentomila follower negli ultimi mesi era finito al centro di una “battaglia” con la giornalista Selvaggia Lucarelli, molto attiva sui social, che ne aveva denunciato la deriva misogina, la volgarità sessista, nonché la pubblicazione di link porno ad insaputa dei soggetti protagonisti.

Sputtanamento, cyberbullismo, e volgarità spacciate per black humor”, aveva appena sintetizzato il suo giudizio sulla pagina la Lucarelli a FQMagazine. Poi la chiusura, non del tutto inattesa. “Facebook ha chiuso (temporaneamente o no, ma non importa) Sesso droga e pastorizia. Grazie”, ha scritto la giornalista su un posto dal suo profilo Facebook. “Ora leggendo i commenti avrete la dimostrazione del genere di utenti che quella pagina ha catalizzato e tirato su. Guardatevi i profili e l’età media. Vedrete ragazzini delle medie ma pure laureati e donne che mi minacciano di morte e così via. Una fotografia impietosa dello schifo che queste pagine hanno aggregato”. Amenità del genere subito di commento alla chiusura, finite online per la visione di chiunque, indirizzati a quella che all’apparenza risulta la prima responsabile: “Bastarda”, “Troia”, “Non farti vedere per strada altrimenti sei morta”.

La guerra tra Lucarelli e Sesso, Droga e Pastorizia (SDP) inizia a settembre 2016 quando la giornalista riceve un messaggio privato su Messenger con lo screenshot di una conversazione tra un presunto Antonio Zequila e un follower di SDP. “C’era scritto che io ero finita nel suo camerino e che con lui avrei fatto questo e quell’altro”, ha raccontato Lucarelli al FQM. “Solo che non ho mai avuto il piacere di incontrare Zequila. E visto che loro pubblicano cose del genere mettendoti alla berlina gli ho scritto in privato minacciandoli di denuncia se non avessero tolto lo screenshot. Il messaggio è stato tolto”. Ma è in questo momento che sullo schermo del pc della giornalista si srotola il magico mondo di SDP: “Misoginia, denigrazione continua, umorismo nero che vorrebbe ricordare Charlie Hebdo, ma soprattutto nel gruppo chiuso cartelle con file zeppi di video e foto modello revenge porn, spesso ex fidanzate minorenni finite lì inconsapevolmente. Sarà una pagina di “nicchia”, ma la loro nicchia è composta da tantissimi ragazzini a cui viene fatto capire che dare della “troia” a una donna o scherzare sui morti faccia ridere”.

Lo so, i social hanno dinamiche perverse e spesso fanno tirar fuori il peggio di sé, ma il problema dei gruppi è il senso di aggregazione che si crea, facendo subentrare il meccanismo del branco”, aggiunge Lucarelli. “Quando degli adulti furbi aggregano ragazzini insegnando loro un linguaggio del genere l’operazione diventa grave e diseducativa”. Poche ore prima della chiusura di Sesso, Droga e Pastorizia, l’ultimo “scontro” tra la Lucarelli e il gruppo Facebook. Un video pubblicato l’8 marzo da uno degli amministratori del gruppo che durante una cena discetta della differenza tra “farsi una sega” e “scopare una cicciona”. Lui dice: “meglio la scopata, chiudi gli occhi pensi ad altro”. Poi la chiusura ad effetto mentre vicino a lui se la ridono anche diverse fanciulle: “Non le considero come donne, ma come contenitori di sperma”. Il rilancio della Lucarelli è allora la pubblicazione dei veri nomi degli amministratori della pagina SDP altrimenti celati dietro nickname: “Se ne stanno sempre nascosti. Allora ho pensato che ci dovevano mettere la faccia. Così ho iniziato a pubblicare nomi e cognomi. Ma non potete immaginarvi la loro reazione: mi hanno implorato piangendo e chiedendo di togliere le loro foto e i loro nomi”.

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