Nel suo discorso di chiusura alla convention Pd l'ex premier non si fa mancare nulla o quasi: difende punto su punto quanto sostiene di aver fatto al governo, attacca sistematicamente agli avversari interni ed esterni. Poi lancia la sua proposta per riprendersi il partito: un manifesto fatto di iper garantismo giudiziario e lavoro, mentre l'ex segretario ignora completamente l'inchiesta Consip
Gli scissionisti del Pd? “Macchiette che cantano bandiera rossa col pugno chiuso”. Massimo D’Alema? “Parla di Ulivo ma è più esperto di xylella”. Luigi De Magistris? “Si è schierato con chi sfascia la sua città”. I deputati del Movimento 5 Stelle? “Rinuncino all’immunità e vengano in tribunale”. Ne ha per tutti Matteo Renzi nel suo intervento conclusivo al al Lingotto, la convention dem per lanciare la sua corsa alla segreteria in vista delle primarie del 30 aprile prossimo. Un discorso lungo meno di un’ora in cui l’ex premier non si fa mancare nulla o quasi: difende punto su punto quanto sostiene di aver fatto in quasi tre anni di governo, attacca sistematicamente gli avversari interni ed esterni. Poi lancia la sua proposta per riprendersi il Partito democratico: un manifesto fatto di iper garantismo giudiziario e lavoro, mentre l’ex premier ignora completamente l’inchiesta Consip che coinvolge – tra gli altri – il ministro Luca Lotti, presente ai piedi del palco durante il discorso di Renzi. “La partita inizia adesso, la mozione sarà scritta la prossima settimana, ma c’è il progetto per il Paese noi non sappiamo se il futuro è maggioritario o proporzionale, abbiamo le nostro idee, ma dopo il 4 dicembre quel disegno di innovazione istituzionale è più debole,la forza delle nostre idee è il confronto con gli altri e allora vincerà chi sarà più forte in termini di progetti e proposte”, ha detto l’ex premier prima di concentrarsi sugli avversari.
“Bandiera rossa e pugno chiuso? Macchiette” – Ma se da una parte l’ex segretario ha premesso di non voler “fare polemica” con Andrea Orlando e Michele Emiliano, suoi sfidanti alla segreteria, perché sono “nostri compagni di squadra”, diverso è stato il tono riservato a chi ha lasciato il Pd. “Nelle scorse settimane – ha ricordato – oggettivamente qualcuno ha cercato di distruggere il Pd perché c’è stato un momento di debolezza innanzitutto mia. Ma non si sono accorti che c’è una solidità e una forza che esprime la comunità del Pd, indipendentemente dalla leadership: si mettano il cuore in pace, c’era prima e ci sarà dopo di noi e ora cammina con noi”. Chiaro messaggio ai parlamentari che hanno seguito Pierluigi Bersani e Roberto Speranza, usciti dal partito per fondare un nuovo gruppo parlamentare, Democratici e Progressisti. “Essere di sinistra – sostiene Renzi – non è rincorrere totem del passato: lo diciamo a chi immagina che essere di sinistra è salire su un palco alza il pugno chiuso e canta bandiera rossa. Sono esponenti di una cosa che non c’è più a difendere i deboli. È un’immagine da macchietta non di politica”.
“Fiat è lavoro, non vittoria del capitalismo” – Quindi, il primo punto di quello che sembra essere il suo programma: e cioè quel lavoro che “la sinistra della bandiera rossa non difende più”. E chi lo difende dunque? Per l’ex premier non ci sono dubbi: Sergio Marchionne. “Il fatto che ci siano degli stabilimenti Fiat in Italia non significa la vittoria del capitalismo – ha detto Renzi – ma che ci sono donne e degli uomini che sono tornati in fabbrica. Dieci anni fa non era scontato che la Fiat potesse avere insediamenti importanti in Italia: a Melfi ci sono donne e uomini che sono tornati in fabbrica e così a Pomigliano. E se vuoi difendere il lavoro bisogna creare lavoro, altro che convegni. Io difendo chi crea lavoro”.
“D’Alema parla di Ulivo ma sono esperti di xylella” – Poi l’attacco diretto al bersaglio preferito, quel Massimo D’Alema che è stato di fatto uno dei leader del No al referendum costituzionale, prima di trasformarsi nel regista ombra della scissione: “Un certo amarcord per la sinistra del passato è comprensibile ma a volte fa a cozzi dalla realtà. Sento parlare dell’Ulivo da persone che lo hanno segato dall’interno, passaggi di apoteosi sull’Ulivo da chi ha contribuito a concludere anticipatamente l’esperienza di governo di Prodi, cosa che non sarebbe accaduta se fosse stato segretario del partito. Nel curriculum possono dire di essere esperti di xylella non di Ulivo”.
Grazie al popolo del #Lingotto. Sono stati tre giorni straordinari. Ripartiamo da qui, insieme. #incammino pic.twitter.com/sDb5DoEGMD
— Luca Lotti (@LottiLuca) 12 marzo 2017
“Mai con De Magistris: Salvini doveva parlare” – Quindi è stata la volta di commentare le possibili alleanze del Pd, escludendo a priori qualsiasi avvicinamento al sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, mai citato direttamente ma attaccato per gli scontri di ieri pomeriggio nel capoluogo campano, che avevano l’obiettivo di non far parlare in pubblico il leader della Lega, Matteo Salvini. “Ci sono argomenti su cui non possiamo girarci intorno: no alle alleanze con chi non accetta il principio di legalità che non è un valore di parte ma di tutti. Quando un Sindaco si schiera con chi sfascia la città per non far parlare qualcuno quella non è una cosa da Pd. E quanto un parlamentare chiede di parlare lo deve fare, noi siamo dalla parte di quel parlamentare anche se si chiama Salvini, Proprio perché si chiama così, lo vogliamo sconfiggere alle elezioni ma deve parlare come devono parlare tutti”.
“Il Pd è garantista: giustizia non è giustizialismo” – E ovviamente nel day after dell’input di Stefano Graziano, il consigliere campano che ha proposto d’istituire l‘avviso di garanzia segreto fino al rinvio a giudizio – raccogliendo subito il sostegno del sottosegretario alla giustizia, Gennaro Migliore – l’ex segretario non poteva trascurare un passaggio sulla giustizia, sottolineando ancora una volta le vette di iper garantismo raggiunte da Pd. “No alla giustizia di chi ha confuso la giustizia con il giustizialismo. La Costituzione dice che un cittadino è innocente fino a sentenza passata in giudicato. Sempre, non a giorni alterni. I processi si fanno nei tribunali, non sui giornali. Gli articoli sono del codice penale. Le condanne le emettono i giudici, non i commentatori”, ha detto – alzando il tono della voce – l’ex presidente del consiglio, che poi messo nel mirino gli esponenti del Movimento 5 Stelle.
Ai 5 Stelle: “Rinunciate a immunità” – “Non è che il garantismo vale solo con i tuoi e non per gli altri, noi siamo dalla parte della giustizia e per essere parte giustizia facciamo un sommesso appello a M5s che hanno in questi ultimi giorni e settimane detto parole infami su di noi: date una dimostrazione coerente del vostro atteggiamento rispettoso, rinunciate all’immunità e prendetevi le querele e vediamo in tribunale chi ha ragione. Di Maio e Di Battista rinunciare a prerogative dei parlamentari e venite in tribunale e vediamo chi ha ragione o torto, vi aspettiamo con affetto”. Quindi una battuta sulla sindaca di Roma, Virginia Raggi. “Un grande abbraccio di solidarietà alla Raggi che è stata indagata, noi siamo al suo fianco perchè il garantismo vale per tutti”, ha detto Renzi, provocando qualche risata tra il pubblico. Sull’inchiesta Consip, invece, nessun commento.