E’ una storia già vista. Dalla trama sempre uguale. Se un pezzo di città è stato messo a ferro e fuoco, la colpa è delle zecche dei centri sociali, delle realtà auto-organizzate, dei collettivi studenteschi, dei disobbedienti, dei professionisti della protesta, dei movimenti dei disoccupati, dei precari, dei clandestini, della plebaglia camorrista e di quelli che dicono sempre di no e sono appassionati dei film di Nanni Loy come Le Quattro giornate di Napoli.
Il giorno dopo gli scontri a Napoli, il bilancio fa accapponare la pelle: sei manifestanti contusi e complessivamente 28 componenti delle forze dell’ordine, di cui tre funzionari e 25 tra poliziotti e carabinieri feriti. Una buona dose di botte, manganellate e sassi se li sono beccati anche reporter, fotografi, giornalisti e operatori video intenti a documentare ciò che accadeva nei pressi dell’area antistante la Mostra d’Oltremare a Fuorigrotta, quartiere occidentale di Napoli, dove al Palacongressi il leader della Lega Nord Matteo Salvini teneva il suo intervento.
Piazzale Tecchio, via Diocleziano e via Giulio Cesare finite sotto assedio e trasformate in campi di battaglia oggi appaiono ancora lastricate di sanpietrini, sassi e vetro. Non mancano i cassonetti bruciati, i cestini sradicati, i paletti ed i cartelli stradali divelti e adoperati come corpi contundenti durante gli scontri. Una follia che poteva sfociare in tragedia. Gli agenti in assetto antisommossa sono stati bersagliati addirittura con pneumatici, cerchioni, chiavi inglesi e bulloni. Le camionette e i blindati a più riprese centrati da una pioggia di bottiglie incendiarie, petardi e bombe carta. Una guerriglia organizzata con una sapiente regia. Non sono mancate simultanee barricate disposte in modo geometrico – curioso il rispetto di precise distanze – con l’effetto di creare una tenaglia e fermare l’avanzata delle colonne dei blindati. Facinorosi esperti, non vi è dubbio. A cui le forze dell’ordine a più riprese hanno dovuto rispondere con l’uso degli idranti, lacrimogeni e cariche di ‘alleggerimento’.
Occorre fermare l’attimo. Tirare il fiato. Mettere insieme tasselli e capire. Tre ore prima della convention del leader del Carroccio da piazza Sannazaro è cominciata la manifestazione pacifica “Mai con Salvini”. Un variopinto corteo ha attraversato le strade di Fuorigrotta scortato dalle forze dell’ordine. Cori, slogan e cartelli sfottò. A guidare la protesta una ruspa per richiamare alla memoria quando Salvini con il volto sorridente, a favore di telecamera, si presentò sull’automezzo per radere al suolo un campo rom.
Ieri una delegazione di manifestanti voleva notificare al leader della Lega “un foglio di via dalla città di Napoli per le sue ripetute dimostrazioni di razzismo, xenofobia, e sessismo…”. E’ accaduto qualcosa strada facendo. Mancava poco per giungere nei pressi dello spazio antistante la Mostra d’Oltremare. Sparpagliati nel fiume di gente sono cominciati a spuntare e compattarsi gruppetti che prima di quel momento erano ben confusi nella folla. La situazione è degenerata. Erano in circa trecento vestiti di nero, a volto coperto con caschi, sciarpe e cappucci. Sapevano cosa fare e come muoversi.
Pochi istanti ed è scoppiato il parapiglia. E’ cominciata una pioggia di sassi, sampietrini e bottiglie indirizzate contro le divise. All’esplosione di almeno una dozzina di petardi e bombe carta, quasi come fosse un preciso segnale, è cominciato su più fronti l’attacco a muso duro e organizzato contro i reparti celere della polizia e dei carabinieri. E’ stata guerriglia con passanti terrorizzati, commercianti costretti ad abbassare le saracinesche e rifugiarsi al sicuro, e residenti barricati in casa con balconi e finestre sbarrate ma soprattutto con i manifestanti pacifici in balìa delle violenze.
La domanda: i black bloc potevano essere fermati prima che si infiltrassero? Chi sono e da dove vengono? L’attività investigativa prevede un lavoro di intelligence? E’ stata fatta? Perché non si è tutelato il diritto e la sicurezza di chi stava manifestando pacificamente il proprio dissenso nel rispetto delle regole? Occorre fare chiarezza, colpire mandanti ed esecutori dei disordini. Napoli è medaglia d’Oro, non casualmente. Le lapidi in città ricordano il sangue dei nostri caduti. Non c’è spazio per l’apologia del fascismo professata da chi ha seminato il terrore a Fuorigrotta e chi come la Lega Nord di Salvini e Borghezio inneggia all’odio.
C’era un ragionevole rischio di ordine pubblico. Il ministro dell’Interno Marco Minniti sparigliando le carte si è assunto la responsabilità di autorizzare la manifestazione commettendo un grave errore. Se ne assuma la responsabilità politica. Spieghi in Parlamento perché invece di rispettare il diniego del neo prefetto e del neo questore di Napoli, li ha zittiti e delegittimati. E’ stata una pagina nera per la città. Ora è tempo di accuse, controaccuse e regolamenti di conti. Un can can assurdo che fa solo gioco a Salvini e alla Lega Nord che nel parapiglia fa campagna elettorale al Sud soffiando sul fuoco della rabbia della gente.