L’affare Collins bussa alla porta del quinto anno di pontificato. Archiviare l’episodio per non turbare l’immagine di Francesco-superman impedisce di vedere la lotta, che si sta svolgendo all’interno della Chiesa cattolica per bloccare o almeno rallentare il corso riformatore del pontefice argentino. Per Francesco ormai ottantenne è cominciato il secondo tempo della partita (per dirla in termini calcistici) e lo scontro in campo si fa sempre più duro. Le dimissioni della cattolica irlandese Marie Collinsritiratasi dalla commissione vaticana per la tutela dei minori dagli abusi in seguito all’atteggiamento sabotatorio della Congregazione per la dottrina della fede – dimostra che anche gli oppositori alla linea riformista di Bergoglio sono in grado di mandare in porta un goal.

Il ritiro della Collins, cattolica fedele alla Chiesa e non contestatrice, vittima da adolescente di un prete, getta un ombra sul prosieguo del cammino delle riforme di Francesco in questa fase finale. “E’ devastante – ha dichiarato la donna al National Catholic Reporter – vedere che nel 2017 questi uomini (della Curia, ndr) sono ancora capaci di dare preminenza ad altre preoccupazioni piuttosto che alla tutela dei piccoli e degli adulti vulnerabili”.

Nella ricorrenza del quarto anniversario dell’elezione di Francesco resta altissimo il consenso di cui continua a godere nell’opinione pubblica internazionale – cattolica e no – in riconoscimento della sua personalità di leader religioso e geopolitico, del suo messaggio e dei cambiamenti già introdotti nel corpo della Chiesa cattolica (riforme dell’organizzazione curiale, maggiore collegialità, pulizia alla banca vaticana, decentramento delle cause di nullità dei matrimoni religiosi, norme più dure contro la pedofilia e regole per la rimozione dei vescovi colpevoli di insabbiamento, apertura della discussione sul diaconato femminile e sui preti sposati, abbandono dell’ossessione clericale su temi come pillola, divorzio, omosessualità, convivenze).

Ma il panorama non è completo se non si tiene conto della “guerra civile” in corso nella Chiesa cattolica, un conflitto già esploso apertamente e dietro le quinte ancora più aspro, perché “guerra di convinzioni”. Imperniata sull’interpretazione del ruolo della Chiesa nella società contemporanea, sulla radicale diversità di visione in merito a Dottrina e Pastorale, Tradizione e Discernimento delle situazioni concrete. Non è una piccola guerra di potere tra “buoni” e “cattivi”. E’ di fatto una guerra ideologica in cui ogni fronte (come sempre accade) sente di avere dalla sua parte motivazioni ideali e storiche.

Dopo l’aperto attacco dei quattro Cardinali all’impostazione misericordiosa di Francesco sui divorziati risposati, dopo la sconfitta al Sinodo della linea riformista di quei vescovi che volevano un aperto riconoscimento della possibilità di dare la comunione anche ai divorziati risposati e una valutazione positiva delle coppie omosessuali, dopo la pubblica e beffarda delegittimazione di Francesco attraverso l’affissione di manifesti e la diffusione di un finto Osservatore Romano manipolando frasi del Papa, l’affare Collins ha portato alla luce una vicenda ancora più grave. Il fatto che la Congregazione per la Dottrina della fede, guidata dal cardinale Mueller, sia riuscita a bloccare e nullificare l’istituzione di un tribunale vaticano, che doveva occuparsi (su denuncia delle vittime) di quei vescovi, che si fossero dimostrati negligenti. Un tribunale annunciato ufficialmente nel giugno 2015.

Scoprire nell’anniversario dell’elezione papale che un fronte interno della Curia è stato così forte da imporre un veto a un’iniziativa, decisa da Francesco in nome della tolleranza zero per gli abusi, è un evento inaudito che pone seri interrogativi sui rapporti di forza in seno alla Chiesa. E suscita la domanda su quanta forza il Papa abbia per ancorare ulteriormente le sue riforme (con il rischio che un Successore spenga lo slancio riformista).

Molti sostenitori di Bergoglio non nascondono la loro preoccupazione e si chiedono se mostrerà la stessa inflessibile energia, che ha dimostrato nello spezzare l’opposizione in seno all’Ordine di Malta. La sfida che si pone dinanzi a Francesco all’inizio del quinto anno di pontificato in presenza del crescere dell’opposizione interna è grande: continuerà il Papa argentino a puntare soprattutto sulla sua personale testimonianza, confidando nel processo di trasformazione della Chiesa in tempi lunghi, oppure darà l’avvio ad una “nuova fase” attraverso un rafforzamento organizzativo della sua linea?

Parecchi suoi alleati, parlando in privato, si augurano che Francesco in questo secondo tempo del pontificato riorganizzi i vertici della Curia, costruendo una squadra coerentemente riformatrice come avvenne con Paolo VI dopo il Concilio Vaticano II. Allo stesso tempo parecchi suoi alleati auspicano che molti degli orientamenti, indicati da Francesco nei suoi interventi, diventino istruzioni precise rivolte a parroci e vescovi, “executive orders” per dirla all’americana, per eliminare incertezze sul cammino da percorrere.

Francesco sinora ha seguito la tendenza a non dare importanza agli oppositori, dicendo di dormire “sonni tranquilli “. Ma questa strategia del silenzio, che mira a non dare evidenza alle spaccature presenti nella Chiesa universale (non solo in Curia), incoraggia di fatto la timidezza anche dei vescovi e cardinali suoi sostenitori. Con il risultato di lasciare sulla scena solo la partita Papa-Avversari. Uno spettacolo che non è rassicurante.

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