La vita di 81 donne del Tagikistan, la più piccola e povera delle ex Repubbliche Sovietiche, è migliorata grazie a mani italiane. Sokina era stata sottomessa dal marito, ora produce e vende latte, yogurt e formaggi. Katerina aveva dato alla luce quattro figlie, ma il marito voleva un maschio e quindi la malmenava, nonostante fosse lei a portare avanti la famiglia. Farista chiamava hujain, padrone, suo marito Bogdan. È stata ripetutamente picchiata, ma oggi grazie alle sue mucche è la parte forte della coppia.
“Opportunità per sconfiggere abusi” – Sokina, Katerina e Farista hanno ritrovato sé stesse grazie a Vivere con dignità, il progetto della onlus Cesvi che sostiene le donne tagike vittime di violenza domestica e le aiuta a raggiungere una condizione di indipendenza economica. È accaduto a 40 nuclei famigliari nel distretto di Jomi e altrettanti di Penjijent, entrambi a maggioranza musulmana. “Creare le condizioni di un’indipendenza economica è per le donne del Tagikistan un’opportunità per affrancarsi da abusi e prevaricazioni in ambito domestico. Non avendo diritto alla propria libertà personale ne risente l’autonomia lavorativa”, spiega Daniela Bernacchi, general manager di Cesvi.
Solo una donna su 5 denuncia – Un problema drammatico in Tagikistan, dove si stima che oltre un terzo della popolazione femminile sia regolarmente sottoposto a maltrattamenti da parte dei meriti e di altri membri della famiglia. Ma soltanto una donna su cinque fa ricorso all’assistenza legale per fermare molestie o abusi. In questo quadro si è inserito il progetto Vivere con dignità, che ha permesso a oltre 80 donne a spezzare la spirale di prevaricazione. Si parte da incontri assieme ai mariti e ai loro famigliari, spesso coinvolti negli abusi, per arrivare alla creazione di micro-imprese a conduzione femminile.
Katerina, dal dolore alla sartoria – Katerina è il caso simbolo del progetto curato dal Cesvi. A 20 anni sposa Arseniy, mette al mondo quattro figlie. Un disonore, secondo suo marito che – assieme alla famiglia – la bolla come una donna inutile, si risposa e inizia a ubriacarsi, spendendo in alcol anche i soldi frutto del lavoro da sarta di sua moglie. Katerina è costretta a vendere alcune proprietà, subisce ripetutamente violenze. Le sta accanto la figlia maggiore, ma anche lei finisce nella spirale di abusi di Arseniy e si toglie la vita. È in quel momento che Katerina reagisce. Si presenta agli incontri della onlus e coinvolge anche il marito: “La vita è bella ma io l’ho capito troppo tardi”, ammette Arseniy che oggi è molto cambiato. Mentre lei, grazie al sostegno del Cesvi, ha una nuova macchina da cucire, più moderna, che le consente di produrre velocemente e guadagnare di più.
I prodotti caseari di Sokina – È un lieto fine conosciuto anche da Sokina e Farista, passate da nozze combinate e abusi da parte delle suocere ad avere piccole imprese che producono latte, yogurt e formaggi. “La famiglia di mio marito mi impediva di avere un rapporto sereno con Zafar – racconta Sokina – Quando è andato a lavorare in Russia, gli raccontava al telefono che non mi comportavo bene e questo lo faceva arrabbiare”. Poi gli incontri con la onlus hanno sbloccato la situazione. Sono riusciti a trasferirsi in una piccola casa indipendente e Sokina oggi ha una mucca grazie alla quale ha un suo stipendio ed è indipendente.
Il padrone diventato marito – Farista è invece passata da chiamare hujain, padrone in tagiko, suo marito Bogdan a vivere serenamente: “Era crudele e violento. Spendeva i miei risparmi in vodka. Quando ho iniziato a frequentare i workshop mi vergognavo, perché mi picchiava spesso e capitava che avessi segni sul viso”. Il progetto ha indotto Bogdan a riflettere: da gennaio svolge piccoli lavoretti che gli consentono di portare a casa i soldi necessari al mantenimento della famiglia. E ha accettato l’indipendenza di sua moglie. Farista ha acquistato altre mucche ed è riuscita a incrementare la produzione di formaggi. Il hujain non c’è più.