L’affidamento condiviso introdotto nel 2006 è stato disatteso per 10 anni grazie a discutibili prassi, create dai tribunali, con le seguenti regole giurisprudenziali:
a) genitore di serie A cosiddetto “collocatario”, quasi sempre la mamma, così di fatto adottando il criterio della maternal preference;
b) genitore di serie B cosiddetto “non collocatario” ma mero “frequentatore” (come nei musei) per non oltre il 15% del tempo complessivo (weekend alternati, 15 giorni di vacanze estive);
c) mantenimento indiretto a carico del frequentatore con assegno mensile predeterminato a spanne (dal 25% ad oltre il 60%, senza riscontro dei costi) e con ulteriori spese straordinarie (che grazie a decine di protocolli, diversi a seconda di ogni tribunale, divengono poco imprevedibili) per metà;
d) spossessamento della casa familiare in favore esclusivo del genitore collocatario.
Senonché il legislatore volle proprio abbandonare la logica dell’affidamento esclusivo perché dannoso per l’interesse del minore, in favore di una condivisione della genitorialità, per poter assicurare al minore, dopo la separazione della coppia, la non scissione dei rapporti genitoriali, onde garantirgli un sereno sviluppo.
Tuttavia la cultura e la nostalgia della magistratura per la figura dominante di un genitore sull’altro è stata troppo forte. In fondo siamo in Italia: la mamma è sempre la mamma. E si sa, in fondo, il padre è sempre assente perché impegnato al lavoro. Questa visione da anni 50 ha così subito reintrodotto l’affidamento esclusivo mascherato da “genitore collocatario”, dotato di super poteri. E l’altro mero spettatore, in balia del supereroe.
Ma le fiction prima o poi si svelano. L’Istat nel Report di fine 2016, analizzate le schede compilate per separazioni e divorzi 2005/2015 ha attestato 10 anni di falso condiviso.
Lo scorso 4 marzo il tribunale di Brindisi, per iniziativa della Presidente della sezione civile dott.essa Fausta Palazzo, e in collaborazione con l’associazione Crescere Insieme, ha varato linee-guida, ad alto contenuto scientifico, critiche verso il consolidato falso condiviso, che, salvo situazioni particolari (impegni lavorativi dei genitori o allattamento) ha destituito la logica della collocazione prevalente in favore di una piena condivisione dei ruoli genitoriali nella crescita dei figli, garantendo continuità e stabilità degli affetti, coinvolgendo entrambi i genitori nella quotidianità dei figli. Nelle linee guida si rispolverano dunque principi fondamentali, abrogati per prassi, quali tempi paritetici, mantenimento diretto per capitoli di spesa e assegno solo in via subordinata, con funzione perequativa, pregnanza della mediazione familiare, ascolto del minore.
Un atto straordinario di onestà intellettuale. Che merita un plauso e che ricorda quale fosse la strada tracciata nel 2006. Ma non a tutti è piaciuto. Infatti l’Aiaf (Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minori) con un comunicato ha nientepopodimeno chiesto l’intervento del Ministero della Giustizia e del Procuratore Generale della Suprema Corte di Cassazione affinché impediscano, a dir loro, la negazione sistematica del diritto. Scrive infatti Aiaf che «Non si tratta di linee guida ma di un’imposizione aprioristica di un modello unico per la risoluzione di ogni conflitto familiare che (…) non può essere semplicisticamente ed ideologicamente risolto tramite un richiamo egualitario di natura totalitaria». Aiaf evidenzia che «la magistratura deve applicare la legge e non abrogarla de facto, come propugnato dalle cosiddette linee guida» e che «il modello proposto poi, aderendo esclusivamente al pensiero di associazioni ideologizzate e partigiane è profondamente lesivo dei diritti dei minori, il cui interesse viene subordinato a quello dei genitori, ma soprattutto non coglie il vero spirito della legge sull’affidamento condiviso e della riforma della filiazione, con cui si è passati dalla visione adultocentrica, che il documento presentato vorrebbe surrettiziamente reintrodurre, a quella bambinocentrica». Dunque chiedere l’applicazione autentica della legge 54/2006 e preservare entrambe le figure genitoriali per il minore significherebbe avere una visione adultocentrica? La tesi è incredibile. Tant’è che oggi gli replica per le rime l’Anfi (Associazione Nazionale Familiaristi Italiana), spiegando come tale documento contrasti proprio regole giurisprudenziali non volute dal legislatore.
Il dott. Vittorio Vezzetti, pediatra, l’unico esperto italiano che abbia collaborato alla risoluzione 2079 del Consiglio d’Europa che propugna l’affido “materialmente condiviso” (autentico) come soluzione migliore per la gestione dei figli dopo la rottura della coppia genitoriale, spiega che è fondata sulla revisione di tutta la letteratura scientifica (riviste accreditate 1985/2014), con 74 ricerche che hanno paragonato i minori gestiti in modo semi esclusivo (“all’italiana”) con quelli gestiti in modo materialmente condiviso. E ben 71 studi hanno mostrato chiari benefici dell’affido materialmente condiviso per i minori: drastica riduzione di childhood adversity, situazioni avverse dell’infanzia suscettibili di causare gravi danni anche nell’età adulta (malattie psichiatriche, metaboliche, disturbi ormonali, variazioni di sostanze – quali le interleukine – capaci di produrre malattie croniche di natura infiammatoria e tumorale), con un crollo della conflittualità genitoriale, altra grave childhood adversity. Ed anche la salute dei minori è nettamente migliorata avvicinandosi enormemente a quella dei figli di coppie intatte.
Il prof. Maglietta (padre putativo della l. 54/2006) è sconcertato: «La normativa in vigore prevede il diritto indisponibile del figlio minore di avere un rapporto ‘equilibrato e continuativo’ con entrambi i genitori e di ricevere cura educazione e istruzione da ciascuno di essi, evidentemente all’Aiaf non sta bene che ci sia equilibrio, e quindi più facilmente collaborazione e interscambio all’interno della coppia genitoriale. A suo parere vanno bene le linee guida di altri tribunali, che prevedono che un solo genitore provveda ai bisogni dei figli e l’altro si limiti a passargli del denaro, senza compiti di cura».
La vera rivoluzione sarà culturale e noi siamo molto indietro.