Politica

Inchiesta Consip, scissionisti presentano mozione: “Lotti si dimetta o Gentiloni gli ritiri le deleghe”

Il Movimento democratici progressisti fa sapere che mercoledì al Senato non voterà il testo del M5S: “Ne presenteremo uno noi in cui chiediamo che si dimetta o, in alternativa, che il premier lo esautori”

Il primo, vero atto parlamentare del neonato Movimento Democratici e Progressisti punta a colpire il braccio destro di Matteo Renzi. Gli scissionisti del Partito democratico, infatti, hanno annunciato che presenteranno una mozione di sfiducia individuale contro il ministro dello Sport Luca Lotti. Obiettivo: le sue dimissioni o, in alternativa, un atto forte del premier Gentiloni. A quest’ultimo, in mancanza di un passo indietro da parte dell’ex sottosegretario, sarà chiesto di ritirare le deleghe a Lotti fino a quando non sarà chiarita tutta la vicenda. Il documento è pronto e sarà depositato al Senato nelle prossime ore. All’interno del testo si legge: “Il governo deve potere operare al riparo da dubbi su comportamenti non irreprensibili dei suoi componenti, per potere portare avanti i suoi impegnativi obiettivi. Per questo impegna il Governo, e in particolare il Presidente del Consiglio: a valutare la necessità di sospendere le deleghe al ministro dello sport Luca Lotti“.

L’iniziativa è stata annunciata dalla presidente dei senatori Mdp Cecilia Guerra, che ha incontrato i giornalisti in vista della seduta di Palazzo Madama in programma mercoledì 15 marzo. In questa occasione, sarà votata la mozione di sfiducia individuale presentata dal Movimento 5 Stelle contro il ministro, indagato nell’ambito dell’inchiesta Consip per rivelazione di segreto e favoreggiamento. Gli scissionisti, a tal proposito, hanno annunciato che non voteranno il provvedimento presentato dai grillini. Il governo, tuttavia, ha ribadito la piena fiducia a Lotti. L’ennesima conferma dalle parole del ministro per i Rapporti col Parlamento Anna Finocchiaro: “A fronte delle diverse mozioni parlamentari presentate e annunciate nei confronti del ministro dello Sport Luca Lotti il governo ribadisce la piena fiducia nel suo operato” si legge in una nota ufficiale.

EMILIANO: “BISOGNA LIBERARE IL GOVERNO DEL DUBBIO CHE CI SIA UN GIOCO IN CUI QUALCUNO HA MENTITO”
Sia la mozione pentastellata che quella degli scissionisti dem hanno poche possibilità di passare, ma l’iniziativa del movimento di Roberto Speranza e Pierluigi Bersani ha un significato politico ben diverso, che va nel solco anche di quanto chiesto da personalità rimaste nel Pd. Tra questi c’è anche il governatore pugliese Michele Emiliano, che nel forum di Repubblica non ha chiesto le dimissioni di Lotti, ma ha sottolineato che al posto del titolare dello Sport si sarebbe dimesso: “Ognuno decide con la propria coscienza, mi pare di aver capito che il suo presidente del Consiglio ha detto che non è necessario dimettersi” ha detto Emiliano, sottolineando che “bisogna capire se le sue dimissioni aiutano o indeboliscono il governo. Io mi sarei dimesso, così come avrei fatto se fossi stato il comandante generale dell’Arma o l’ad di Consip – ha aggiunto – Bisogna liberare il governo, i Carabinieri e la maggiore centrale di acquisti in Italia del dubbio che ci sia un gioco in cui qualcuno ha mentito. Gli individui sono meno importanti dei governi ma il renzismo ha fatto venire meno anche questa abitudine del passato”. Un attacco frontale quello di Emiliano, che si è candidato contro Matteo Renzi alle primarie del Pd in programma il 30 aprile prossimo.

Ad appoggiare l’ex segretario e premier ci sarà il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, che dà per spacciate entrambe le mozioni ed è convinto che il suo collega di governa debba rimanere al suo posto nonostante il coinvolgimento nell’inchiesta per cui è indagato anche il padre di Renzi, Tiziano, per concorso in traffico di influenze. “Credo che tutte le mozioni che prevedono le dimissioni di Lotti o varianti di questo genere, verranno respinte” ha detto Martina a Cartabianca su Raitre, commentando il documento firmato dagli scissionisti del Pd.

SLITTA L’UDIENZA SU ROMEO AL RIESAME
Sul fronte dell’inchiesta, invece, da sottolineare lo slittamento al 22 marzo dell’udienza davanti al tribunale del riesame per Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano arrestato il primo marzo scorso per corruzione nell’ambito dell’inchiesta Consip. Il rinvio dell’udienza, fissata in un primo momento per il 16 marzo, è legato ad un’istanza presentata dalla difesa di Romeo che ha chiesto più giorni per poter riesaminare gli atti depositati dalla Procura di Roma. Nel frattempo, invece, è attesa nei prossimi giorni la risposta dell’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, all’invito dall’avvocato Federico Bagattini, difensore di Tiziano Renzi, ad essere sottoposto ad interrogatorio nell’ambito delle indagini consentite ai legali degli indagati. Nell’eventualità che Marroni manifestasse l’indisponibilità ad essere interrogato o si avvalesse della facoltà di non rispondere, il difensore di Tiziano Renzi, così come previsto dalle norme sull’esercizio delle attività difensive, potrà chiedere alla procura di Roma di procedere all’interrogatorio in sua presenza.

IL TESTO DELLA MOZIONE DI MDP CONTRO LOTTI
Ecco il testo della mozione presentata dal Movimento Democratici e Progressisti contro il ministro Luca Lotti: “La vicenda Consip, a prescindere dal suo eventuale rilievo penale, mette in luce comportamenti familistici e clientelari nella gestione del potere, che disvelano come questioni di interesse pubblico siano state affrontate grazie a un ruolo preminente dei rapporti di origine famigliare, personale, privatistica e amicale basati su legami di solidarietà predominanti sugli interessi della collettività e sui principi della libera concorrenza e della meritocrazia”. “Purtroppo – prosegue il testo – non si tratta di un caso isolato, ma di una condotta più generale, una sorta di ‘groviglio del potere cresciuto intorno a Matteo Renzi’, come autorevolmente sostenuto in un editoriale da Ezio Mauro su la Repubblica. La gestione del potere pubblico, infatti, non può avvenire mediante la nomina di soggetti di provata fedeltà personale o di una determinata provenienza geografica a discapito di una verifica delle loro intrinseche qualità professionali. Tale comportamento rischia di alimentare l’affermazione e il favoreggiamento di interessi privati e domestici in cui la famiglia, la fazione, la consorteria si sovrappongono allo Stato fino a confondersi con esso a detrimento della necessaria autorevolezza che deve accompagnare l’esercizio della funzione pubblica. Senza trascurare, infine, nel delicato ambito del finanziamento delle fondazioni e dell’attività politica in generale l’indebito intreccio che viene a crearsi, quasi inevitabilmente, tra quanti hanno continuato ad avere rapporti di lavoro con la Consip o sono risultati vincitori di appalti pubblici e, contemporaneamente, come soggetti privati, hanno continuato a finanziare l’attività politica e la fondazione legata a Matteo Renzi o, addirittura, a presiederla. È questo il caso, ad esempio, dell’avvocato Alberto Bianchi“.

“COMMISTIONE TRA AFFARI E POLITICA HA DATO LUOGO A INTRECCIO DANNOSO PER ISTITUZIONI”
“Non è necessario attendere che la giustizia faccia il suo corso per rendersi conto di come nella vicenda Consip la commistione tra affari e politica abbia dato luogo a un intreccio dannoso per l’autorevolezza e la rispettabilità delle istituzioni. Sarebbe opportuno che la politica si autoregolamentasse elevando l’asticella del rigore e della probità dei comportamenti nella gestione della cosa pubblica e si dotasse di standard di condotta omogenei per non ingenerare il sospetto di una doppia morale e di un garantismo a intermittenza, che trasformano quel principio di civiltà in una mera condotta opportunistica, da rivendicarsi soltanto quando sono coinvolti i propri amici o compagni di partito”. Nella mozione, inoltre, è sottolineato che “il ministro Lotti non ha ritenuto opportuno compiere un passo indietro, mentre, in questi ultimi anni, alcuni ministri della Repubblica, anche non coinvolti direttamente in vicende di carattere penale, come Nunzia De Girolamo (gennaio 2014), Maurizio Lupi (marzo 2015) e Federica Guidi (marzo 2016) si sono dimessi dal loro incarico, e ciò è avvenuto a seguito di pressanti campagne di stampa e richieste di dimissioni da parte dello stesso Matteo Renzi per supposte ragioni di stile e di opportunità politica”.

Intanto Tiziano Renzi ha deciso di autosospendersi da segretario del Pd di Rignano sull’Arno (Firenze). “In questo momento sono un attrattore di polemiche” ha scritto in una lettera di sei righe che viene citata dagli iscritti.