L'ex sottosegretario indagato si prepara a vivere una giornata di passione anche se probabilmente la mozione presentata dai 5 Stelle contro di lui non passerà. In passato solo il guardasigilli del governo Dini fu costretto a dimettersi dopo essere stato sfiduciato singolarmente: un istituto non previsto dalla Costituzione ma inaugurato al Senato nel 1984. E che spesso è un'arma a doppio taglio per le opposizioni
Non sarà il primo a doverla affrontare. “Ma non sarà neppure il secondo a restarci secco”, garantiscono i suoi colleghi renziani del Pd, gli amici che gli stanno vicini. Il ministro Luca Lotti si prepara a vivere la sua giornata di passione: quella del voto, al Senato, della mozione di sfiducia nei suoi confronti presentata dal Movimento 5 Stelle e fissata in calendario per mercoledì 15 marzo. Ma sembra arrivare a questo appuntamento con relativa tranquillità, e non solo per l’esito abbastanza scontato della votazione. A suo favore depongono anche i precedenti: in oltre 30 anni di pratica, e nella ventina di casi già verificatisi, solo una volta una mozione di sfiducia individuale nei confronti di un ministro è stata approvata in Aula. “È una pistola scarica”, spiegava nei giorni scorsi Maurizio Gasparri, motivando la scelta di Forza Italia di non sostenere l’iniziativa pentastellata. E in fondo anche i 5 Stelle, se ufficialmente rivendicano che la loro scelta è “sacrosanta” alla luce dell’inchiesta Consip, poi sottovoce, di fronte all’evidenza dei numeri, ammettono che “quantomeno servirà a far sì che di questo scandalo si parli”.