E in effetti, la mozione di sfiducia costituisce, per chi vi ricorre, un’arma a doppio taglio. Se è vero che, al di là della votazione in Aula, attraverso questa procedura si ottiene di mettere sotto pressione il ministro di turno (Sandro Bondi, ad esempio, si dimise poche settimane dopo aver superato incolume l’esame dell’Aula, all’inizio del 2011), è anche vero che spesso, in caso di un suo respingimento, la mozione finisce col dare nuova legittimità all’esponente del governo. Sarà anche per questo che non di rado le mozioni di sfiducia vengono annunciate con gran clamore, ma poi ritirate dalle stesse opposizioni (è successo alla Lega nel gennaio del 2012, quando si chiedevano le dimissioni di Corrado Passera) oppure lasciate naufragare nel mare magnum dei lavori parlamentari. Che fine hanno fatto, a proposito, le tanto pubblicizzate mozioni di sfiducia contro il ministro del Lavoro Giuliano Poletti? “Eh, che fine hanno fatto?”, risponde indeciso Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana, che pure era stato tra i principali promotori dell’iniziativa. “Mai state calendarizzate, né alla Camera né al Senato”, confermano i 5 Stelle. E perché non lo si fa? “Ad oggi non è previsto”. Tutti concentrati, per ora, sul voto di mercoledì. Poi, semmai, se ne riparlerà.

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