Al centro dell'inchiesta due imprenditori, padre e figlio, che secondo i carabinieri sono appartenenti alla Cosa nostra catanese legati a un boss per il quale agivano come prestanome
Traffico illecito di rifiuti, estorsione e rapina, commessi con il metodo mafioso, usura, corruzione, falso in atto pubblico e traffico di influenze illecite. Sono queste le accuse che hanno portato all’arresto di 14 persone in Sicilia, tra cui anche alcuni funzionari pubblici. In queste ore i carabinieri del Comando di Catania e del Nucleo Operativo Ecologico stanno eseguendo un provvedimento restrittivo che prevede anche il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di sei imprese e dei rispettivi beni aziendali, il cui valore complessivo ammonta almeno a 50 milioni di euro.
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, hanno consentito di far emergere il traffico dei rifiuti gestito da due imprenditori locali, padre e figlio, appartenenti alla Cosa nostra catanese e legati direttamente a un boss per il quale agivano come prestanome. Secondo gli investigatori, sono stati enormi i guadagni ricavati dalla gestione e dal trattamento illecito di tonnellate di rifiuti provenienti da tutto il territorio nazionale, anche grazie alla connivenza di funzionari pubblici della Regione Sicilia deputati al rilascio delle autorizzazioni. I particolari dell’operazione saranno illustrati dal Procuratore della Repubblica di Catania Carmelo Zuccaro durante la conferenza stampa che avrà luogo alle 10.30 di mercoledì.
Il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, promette la sospensione dei funzionari pubblici coinvolti nello scandalo. E commenta: “Non ci troviamo di fronte alla semplice corruzione ma a un danno alla salute dei cittadini e dell’ambiente. Non faremo sconti, i funzionari saranno sospesi nelle more della procedura di licenziamento”.