“Era un sistema corruttivo e di potere che prevedeva il controllo totale degli appalti: il sistema partiva dall’ideazione dell’opera da appaltare e finiva con la sua esecuzione e, quindi, al pagamento delle tangenti. Gli appalti sono stati manipolati per tre anni”. Queste le parole del procuratore aggiunto della Repubblica di Napoli Giuseppe Borrelli nel corso della conferenza stampa in cui ha descritto sistema che dal 2013 al 2015 ha pilotato gli appalti in particolare nel napoletano e nel casertano. L’inchiesta ha portato all’arresto di 66 persone, all’interdizione dai pubblici uffici per due funzionari e all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per un’altra persona coinvolta. Complessivamente, 13 i reati di corruzione ipotizzati, 15 quelli di turbativa d’asta e 3 i presunti casi di partecipazione al clan dei Casalesi e di concorso esterno in associazione. Il deus ex machina del sistema corruttivo era l’imprenditore Guglielmo La Regina “che otteneva il finanziamento dell’opera pubblica attraverso Pasquale Sommese (ex assessore regionale al Turismo) e forniva la sua attività all’ente a cui assegnare l’appalto, stabiliva con il rappresentante dell’ente un prezzo per la corruzione – ha aggiunto il procuratore Borrelli – e si riservava la possibilità di individuare i vincitori della gara. Un sistema semplice ma molto intelligente – ha proseguito Borrelli – la Regione intascava soldi sostanzialmente ‘puliti’. Infine il ruolo dei docenti universitari napoletani e casertani coinvolti “in qualità di componenti delle commissioni aggiudicatrici era quello di indicare una determinata ditta per l’aggiudicazione delle gare”. Gli appalti avevano un valore di 20 milioni di euro.