Enzo Iacopino, il presidente dell’Ordine dei giornalisti, si è dimesso come già aveva annunciato nei mesi scorsi. E presentando la sua decisione davanti al Consiglio, ha fatto alcune valutazioni personali sullo stato della professione in Italia: “Il recupero della credibilità della categoria si è rivelato un vero fallimento”, ha detto. Per quanto riguarda il suo mandato invece, ha commentato all’agenzia Ansa: “Considero concluso il mio compito. Era una decisione presa quasi un anno fa: volevo completare il percorso della legge sull’editoria, ora siamo alla fase del decreto attuativo”. Sarà il vicepresidente Santino Franchina a prendere l’interim e a convocare entro 15 giorni l’assemblea per l’elezione del nuovo presidente. Iacopino ha spiegato che “le dimissioni saranno effettive dopo aver espletato alcuni adempimenti”, probabilmente entro lunedì. “Ci sono colleghi che sapranno gestire egregiamente l’impegno necessario”.

Nel suo discorso davanti al Consiglio, Iacopino non si è risparmiato alcune valutazioni sulla stampa in Italia: “Il recupero della credibilità della categoria si è rivelato un vero fallimento”, ha detto. “Prevalgono un gioco perverso e irresponsabile di opposte militanze, il settarismo, la superficialità, le urla, le volgarità. C’è chi si compiace di galleggiare tra gelati e patate. Perfino la trasmissione di segnalazioni ai Consigli di disciplina territoriali, un atto imposto dalle leggi e dalle norme interne, diventa materia per polemiche, alimentate da ‘professori del diritto’ che si dividono equamente tra analfabeti del diritto e oltre”. Il riferimento, tra le altre cose, è alle prime pagine di Libero che l’8 marzo scorso ha titolato “Più patate e meno mimose” e il 10 febbraio invece, per parlare del caso Raggi, ha aperto con “Patata bollente” provocando numerose polemiche.

Iacopino ha anche citato Papa Francesco: “Non so dove siano finiti il rispetto rigoroso per la verità e per la dignità delle persone, al quale ci ha richiamato Papa Francesco. No, non riesco a ritrovarmi più in questo modo di fare informazione. Il ‘padrone’ non è il lettore, come scriveva Indro Montanelli, ma per alcuni l’interesse a volte personale, il business, il burattinaio di riferimento, contribuendo ad alzare barriere, a creare ghetti, ad alimentare un clima che non porterà a nulla di buono per il Paese. Ho provato, ho tentato di evitare questa deriva legata anche a norme che consentono a editori improvvisati non solo di maramaldeggiare sfruttando i colleghi, ma di piegare il bene primario dell’informazione ai loro interessi. Non ne sono stato capace. Scusatemi, se potete. Ne prendo atto e ne traggo, appunto, le conseguenze”. E ha concluso: “Enzo Biagi sosteneva che l’informazione è come l’acquedotto e si impegnava a non portare acqua inquinata nelle case dei suoi lettori. Non mi pare sia così. Non è così. Grazie a tutti, a tutti. Grazie soprattutto a quanti si asterranno – cito Cesare Pavese, senza ipotizzare le sue conclusioni personali – dal fare pettegolezzi. Buona fortuna a tutti voi”.

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