L'intesa tra Roma e Tripoli è stata salutata dal governo italiano come la "svolta" nella lotta ai traffici di esseri umani nel Mediterraneo. Ma oltre agli annunci, secondo Frontex, è successo poco. "Il 99% dei 3mila migranti sbarcati ad Augusta nell'ultimo mese - spiega Carlo Parini, capo del Gruppo interforze di contrasto all’immigrazione clandestina della Procura di Siracusa - proveniva da Sabrata"
Paolo Gentiloni l’aveva salutato come una “svolta”. Ma a oltre un mese dalla firma, l’accordo stipulato il 3 febbraio con il governo Al Sarraj e concepito per “evitare le partenze dei migranti irregolari” dalla Libia rimane al palo. Non funziona. Non parte. Lo dicono i dati di Frontex, lo confermano gli addetti ai lavori: “Il 99% dei 3mila migranti sbarcati nell’ultimo mese – spiega a IlFattoQuotidiano.it Carlo Parini, capo del Gruppo interforze di contrasto all’immigrazione clandestina della Procura di Siracusa – proveniva da Sabrata“. Città sotto il controllo nominale del governo con il quale l’Italia ha stretto l’intesa.
A febbraio, recitano i dati diffusi il 15 marzo dall’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera, in Europa sono stati registrati 10.900 arrivi totali, meno di un decimo di quelli totalizzati nello stesso mese del 2016. Il discorso, però, non vale per l’Italia perché il numero di arrivi complessivi segna +46% rispetto a gennaio a causa dell’aumento dei migranti che hanno seguito la rotta del Mediterraneo centrale, che a febbraio hanno sfiorato le 9mila unità. Tradotto: dalla stipula dell’accordo con Tripoli, il numero dei disperati che hanno raggiunto la penisola è raddoppiato.
Il Paese di partenza dei gommoni è sempre lo stesso: la Libia. “Il 99% delle persone sbarcate ad Augusta – spiega il sostituto commissario Parini – è partito da Sabrata”, città di origine romana situata a 78 km a ovest di Tripoli che “teoricamente dovrebbe essere sotto il controllo del governo” con il quale si era schierata con altri 9 centri costieri il 1 aprile 2016. Quanti sono stati gli arrivi? “Nel 2016 erano stati 26mila, dall’inizio del 2017 siamo già arrivati a 4mila“, prosegue il capo del Gicic scartabellando i rapporti ufficiali. E l’intesa sbandierata da Gentiloni e dal ministro dell’Interno Marco Minniti? Non pervenuta: “Dal 1° febbraio – continua Parisi – sono arrivate 4 navi, per un totale di 2.633 migranti. Domani (16 marzo, ndr) ne attendiamo un’altra con a bordo 333 persone. Il totale fa 2.966, solo nel porto di Augusta”, punto di maggiore approdo in Italia. Un terzo di tutti gli ingressi.
Eppure poco più di un mese fa il governo aveva annunciato in pompa magna di aver trovato la soluzione a quella che continua pervicacemente a chiamare “emergenza sbarchi”: l’accordo con il governo di unità nazionale di Tripoli presieduto da Fayez Al Sarraj. L’intesa era stata preannunciata il 9 gennaio dal capo del Viminale, volato appositamente a Tripoli per incontrare il premier del governo faticosamente messo in piedi dall’Onu, il ministro degli Esteri Siyala e i membri del consiglio presidenziale Maitig e Kajman, ed esprimere “l’impegno congiunto a lottare contro l’immigrazione illegale e il traffico di esseri umani”. Il 2 febbraio era stato Sarraj a volare a Roma: “Siamo a una svolta“, l’accordo consentirà “una migliore gestione e regolazione dei migranti illegali”, esultava Gentiloni dopo la firma ufficiale del memorandum a Palazzo Chigi. Con il conseguente codazzo di titoli di stampa uniti in coro nel magnificare le proprietà taumaturgiche dell’intesa.
Un memorandum dai contenuti generici – basato “sulla protezione dei confini sud” del Paese da dove passano migliaia di migranti, sull”adeguamento e il finanziamento dei centri di accoglienza usufruendo di finanziamenti disponibili da parte italiana e di finanziamenti dell’Ue” e sul “sostegno alla Guardia costiera libica” – approvato il 3 febbraio in un coro di osanna nel vertice informale Ue di Malta, che accoglieva la proposta della Commissione di “mobilitare 200 milioni di euro aggiuntivi” del Trust Fund per l’Africa lanciato nell’autunno 2015 destinati a rafforzare le forze di polizia libiche. Lo scopo lo aveva spiegato chiaramente il giorno prima Angelino Alfano, fresco ministro degli Esteri: “Evitare le partenze dei migranti irregolari”.
E’ trascorso poco più di un mese da allora, la probabile difesa d’ufficio, e per mettere in atto un accordo così complesso e vederne i risultati serve tempo. La Guardia costiera libica è ancora in attesa della consegna di 10 motovedette promesse dall’Italia (sei al momento in Tunisia e 4 in manutenzione in cantieri italiani), ma è dotata di uomini e natanti: le sue imbarcazioni incrociano al largo di Sabrata (dove all’inizio di febbraio 431 migranti erano stati bloccati su 4 gommoni e altri 700 venivano intercettati su barche di legno, secondo quanto comunicato dal portavoce all’agenzia Reuters), di Zwara e di Zawiya, nelle cui acque i pattugliamenti avvengono anche nelle ore notturne. Gli uomini in mimetica dell’aspetto di guerriglieri arrestano i disperati, danno fuoco ai barconi ma spesso, troppo spesso, lasciano andare gli scafisti.
“E’ stata completata nei giorni scorsi la formazione del primo nucleo di equipaggi della Guardia costiera libica a bordo della nave San Giorgio – spiegava il 15 febbraio Minniti in audizione al Comitato Schengen – ora sono pronti e possiamo ricominciare a restituire le motovedette alle autorità libiche in modo che la Guardia costiera sia in grado di operare” (lo stesso identico concetto espresso in un’intervista al Quotidiano Nazionale un mese piu tardi, il 15 marzo, da Enrico Credendino, comandante della missione EunavforMed: “E’ stato completato il primo blocco addestrativo di 14 settimane e abbiamo preparato a tutte le funzioni gli uomini della guardia costiera, in totale 93 unità, su una nave olandese e sulla nostra San Giorgio”). Un mese dopo i natanti in Libia non sono ancora arrivati e il 14 marzo, a più di un mese dalle fanfare che hanno salutato l’accordo, si è svolta la prima riunione del Comitato misto per l’attuazione del Memorandum.
Dal comunicato diffuso dal Viminale si ha la sensazione di essere ancora al giorno della firma: è emersa “da entrambe le
parti la determinazione a portare avanti un impegno deciso,
volto al raggiungimento di risultati tangibili“. Per questo il Comitato “continuerà il suo lavoro con un ritmo
serrato per dare risposte rapide alle necessità’ più urgenti“. “Obiettivo comune – conclude la nota – resta la realizzazione di un contrasto efficace e tempestivo all’immigrazione illegale e ai traffici di esseri umani”. Efficace e tempestivo.