Dopo la decadenza di Minzolini respinta da parte di Palazzo Madama, il legale-senatore pensa subito a quanto influirà la decisione sul leader di Forza Italia. "Finalmente i parlamentari si sono resi conto della violazione di legge della Severino per reati antecedenti alla sua approvazione. Una norma che non esiste in nessun paese del mondo" dice a Ilfattoquotidiano.it
“Porteremo questa decisione immediatamente all’attenzione della corte di Strasburgo. Si tratta di fatti identici trattati in maniera diversa. Finalmente i parlamentari si sono resi conto della violazione di legge della Severino per reati antecedenti alla sua approvazione. Una norma che non esiste in nessun paese del mondo”. Niccolò Ghedini è in treno dopo aver votato come senatore della Repubblica contro la decadenza di Augusto Minzolini, ma a ilfattoquotidiano.it parla da avvocato di Silvio Berlusconi. L’ex premier, come è noto, dal seggio di Palazzo Madama venne buttato giù il 27 novembre 2013 dopo la condanna definitiva nel processo Mediaset: 4 anni di cui tre coperti da indulto, più due anni di interdizione ricalcolati in un appello bis.
Con un’interdizione quasi identica – superiore di soli sei mesi – Minzolini è stato invece “salvato” dai colleghi di Palazzo Madama. Un esito che fa praticamente il gioco dell’ex Cavaliere. E infatti Ghedini ricorda subito: “Questo dimostra la discrezionalità politica; che non ha nulla di giurisdizionale, è libero arbitrio e non c’è rimedio per chi lo subisce”. O meglio il rimedio potrebbe arrivare dalla Corte europea dei diritti umani che l’11 luglio dell’anno scorso ha avviato in via preliminare l’esame del ricorso dell’ex Cavaliere proprio contro l’applicazione al suo caso della legge Severino. “I parlamentari nella loro libertà hanno ben fatto questa volta, mentre male era stato fatto per il presidente Berlusconi. Che ha appreso la notizia senza fare nessun commento”, dice Ghedini. Anche se i senatori non hanno nessun potere giurisdizionale, infatti, la differenza di “giudizio” tra la decadenza di Minzolini e quella di Berlusconi potrebbe influire sul verdetto di Strasburgo. Ed è per questo motivo che l’agenzia Adnkronos accredita al leader di Forza Italia una dichiarazione soddisfatta. “Sono molto contento, il voto rappresenta un’inversione di tendenza che ci fa ben sperare” avrebbe detto il premier.
Nel ricorso, a cui è stato assegnato il numero 58428/13, Berlusconi contesta all’Italia il fatto di aver applicato retroattivamente la legge Severino al suo caso, violando cosi l’articolo 7 della Convenzione europea per i diritti umani che sancisce il principio di ‘nulla poena sine lege‘ (nessun a pena senza legge). Il leader di Forza Italia afferma, tra le altre cose, che la sua incandidabilità e conseguente decadenza del mandato parlamentare sono stati dovuti a una condanna per fatti avvenuti prima che la legge Severino entrasse in vigore. E anche i fatti contestati all’ex direttore del Tg1 lo sono.
Quando Strasburgo ha comunicato il ricorso al governo italiano la Corte ha chiesto a Roma le informazioni necessarie per valutare se la decisione del Parlamento di mettere fine al mandato di Berlusconi costituisse una sanzione penale, una condizione essenziale perché vi sia una eventuale violazione dell’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti umani. Ma non solo. Perché la Corte ha voluto sapere se la procedura prevedesse sufficienti garanzie contro un uso arbitrario della decisione e se Berlusconi avesse potuto avvalersi di un rimedio efficace davanti alle istanze nazionali per ricorrere contro la decisione presa dal Parlamento. Ma proprio su questo punto Ghedini ricorda che non è stato possibile ricorrere alla Corte costituzionale: “Noi ne non abbiamo avuto la possibilità, mentre nel caso del senatore Minzolini la procura potrebbe elevare ricorso. Anzi lo farà sicuramente perché è già successo”.
Sul fronte politico, invece, il senatore avvocato considera “risibile” l’ipotesi da più parti: il salvataggio di Minzolini – con i voti provvidenziali di alcuni esponenti del Pd – in cambio del voto dei forzisti contro la sfiducia al ministro Luca Lotti. “Non c’è nessuna convenienza – replica Ghedini – Noi semplicemente non abbiamo mai votato una sfiducia individuale. Piuttosto prepareremo immediatamente tutti gli atti prodotti: la richiesta di decadenza, la decisione della Giunta e infine il dibattito con la decisione”. Con la speranza che questa sorta di contraddittorietà di giudicati – che se fossero sentenze per il nostro codice di procedura penale sarebbero passibili di revisione – possa convincere i giudici europei, entro l’estate, che Silvio Berlusconi non doveva decadere. Rientrerà a Palazzo Madama? Se la Corte dovesse individuare nella decisione del Senato su Minzolini “un’interpretazione autentica” della legge anche l’impensabile potrebbe accadere. E comunque c’è sempre da giocare la carta della riabilitazione.