In Italia una delle poche cose su cui tutti i politici eletti a qualche incarico rappresentativo sono uguali e d’accordo (destra, sinistra, centro, tutti!) è la personale convinzione di essere assolutamente garantisti, fedeli cioè alla nostra Costituzione che assicura presunzione di innocenza fino a giudizio definitivo.

La nostra Costituzione ha 139 articoli, ma l’unico che è conosciuto perfettamente a memoria e difeso sempre a spada tratta dai nostri politici è l’art. 27 della Costituzione che recita semplicemente: “La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte (se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra).

Questo breve articolo, che dovrebbe avere importanza al pari di tutti gli altri 138 della nostra Costituzione, è diventato invece quello più discusso non solo nei salotti televisivi, ma sempre più spesso anche nelle aule del nostro Parlamento.

Come mai? Con una risposta breve e maliziosa si potrebbe dire “per autodifesa”. Infatti quasi non passa giorno che qualche politico, dal più piccolo al più grande, non sia chiamato a rispondere di qualche reato, quasi sempre legato a fatti di corruzione.

Ecco che allora, tutti uniti a “bande”, sotto la stessa bandiera di partito o di coalizione, arriva la “difesa d’ufficio” dei “compagni” (o “camerati” o … chiamateli come volete) in difesa del malcapitato rappresentante del popolo. Ed è così anche quando il tapino viene proprio colto con le mani nella marmellata. Questo perché “lo dice la Costituzione!” : tutti devono essere considerati innocenti fino a sentenza definitiva.

Magari questi solerti rappresentanti del popolo avessero tanta precisione e determinazione anche nelle altre numerose e importanti funzioni che la Costituzione stessa assegna loro. Invece sono solerti solo in difesa del “tapino” caduto in disgrazia, qualunque cosa abbia fatto. Per solidarietà umana? O di partito? Per ansietà di giustizia?

Se glielo chiedi ti risponderanno: “Tutte queste cose, ovviamente!” Ma si dimenticano sempre, in queste e in mille altre occasioni l’art. 67. della Costituzione che recita: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.

Cosa vuol dire questo? Vuol dire che ogni membro del Parlamento è lì in funzione di rappresentanza della Nazione. Ovvero del popolo che lo ha eletto. “Senza vincolo di mandato” non vuol dire che non ha doveri di onestà e di moralità verso la Nazione, vuol dire solo che, quando lo ritenga necessario, utile ed onesto, può esprimere pareri e/o voto diversi da quelli che eventualmente avesse espresso prima dell’elezione. Ma vuol dire anche che mai dovrebbe schierarsi, insieme ad altri rappresentanti, come una congrega di subordinati agli ordini del capo-partito. Questo perché il dovere di rappresentanza verso i suoi elettori vengono in Costituzione prima che il dovere di fedeltà verso il suo partito.

In America è così. Anche là l’appartenza al partito è cosa importante e spesso svolta in compattezza. Ma mai si verifica questo quando un rappresentante del popolo viene inquisito per qualche reato. In questi casi il semplice sospetto (ovviamente corroborato da serie indagini giudiziarie in corso) che il “rappresentante” a cui il popolo ha affidato il potere di scrivere le leggi possa essersi reso autore di comportamenti delinquenziali, provoca automaticamente la rottura di quel mandato fiduciario alla base della sua stessa presenza nella Camera legislativa.

Deve farsi da parte! E’ inevitabile, finché non venga scagionato dalle accuse. Ma non accade praticamente mai, perché i primi a perdere la faccia, in caso di innocenza del politico, sarebbero proprio quelli che lo hanno accusato e giudicato, e per loro sarebbe carriera finita.

E’ ora di finirla anche in Italia con questo “garantismo peloso” che finisce col garantire più i malfattori politici che il popolo sempre chiamato a pagare sia i danni in buona fede che quelli in malafede.

Il potere di scrivere le leggi deve essere esercitato solo da chi non è nemmeno sfiorato dal dubbio di essere un malfattore. Solo così il popolo può avere fiducia dei suoi rappresentanti.

La presunzione di innocenza vale anche per i politici, ma intanto devono farsi da parte, ad evitare che un luogo sacro per la democrazia, come il Parlamento, possa essere inquinato da chi innocente potrebbe anche non esserlo.

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